domenica 29 gennaio 2017

L'anello del monte Borlasca (m 1778)

Il monte Borlasca è un testone pascolivo che emerge dallo spartiacque tra la val Mengasca, a SE, e la val Garzelli - laterale della val Bodengo,  a NO. Nel volerne toccare la sommità, abbiamo colto l'occasione per visitare le due valli a cui si affaccia, compiendo un anello con partenza a San Pietro di Samolaco e mezzeria alla bocchetta di Campo.
Perle della gita sono gli alpeggi alti, in primis quello di Manco, e le azzardate mulattiere che traversano i precipitevoli fianchi delle valli Mengasca e Garzelli.
Gli antichi sentieri che uniscono il fondovalle a Santa Teresa e all'alpe Borlasca, purtroppo, sono stati rovinati sotto i m 1400 da piste per quad che li hanno sovrascritti e stravolti, rendendoli talvolta assai scomodi per gli escursionisti a piedi.
Attenzione al ghiaccio: l'inverno non è la stagione migliore per affrontare questa gita, a meno di non essere esperti e adeguatamente attrezzati.


Foto scattata dalla Motta di Avedeè l'8.1.17.

Partenza: San Pietro (m 254).
Itinerario automobilistico: da Piantedo si percorre la SS 36 fino a Somaggia. Alla rotonda si segue la seconda uscita (San Pietro/ Era) e si attraversa il passaggio a livello (17 km). Percorsa la SP52 (800 metri), all'incrocio si va a dx sulla SP2. Superato Era si arriva a San Pietro. Si sale in paese per via Tonaia e, in corrispondenza di una piazzetta (negozio, bar) si svolta a sx; a questo punto si cerca di imboccare la strada che sale a Monastero. Circa 150 metri dall'inizio della salita si trovano sulla dx i crotti con un grande parcheggio, dove si lascia l'auto. (circa 22 km da Piantedo).
Itinerario sintetico: San Pietro (m 254) - Monastero (m 400) - Santa Teresa (m 947) - Sambusina (m 1180) - alpe Manco (m 1728) - bocchetta di Campo (m 1921) - monte Borlasca (m 1778) - alpe Borlasca (m 1470) - alpe monte Pozzolo (m 1021) - San Pietro (m 254).
Tempo di percorrenza: 10-12 ore per l'intero giro.
Attrezzatura richiesta (gennaio 2017): da escursionismo, ramponi e piccozza. Utile uno spezzone da 20 m di corda per attraversare alcune vallette ghiacciate.
Difficoltà  (gennaio 2017):  3.5 su 6.
Dislivello in salita: 2000 metri.
Dettagli  (gennaio 2017): T5. Sentieri non sempre ben tenuti e segnalati. Passaggi esposti e tracce non facili da individuare, specialmente in caso di neve. Occorrono esperienza ed intuito. Nella stagione calda la difficoltà scende a T3).
Mappa: Kompass foglio n.92, Valchiavenna e Val Bregaglia, 1:50000.
Bibliografia consigliata: Segio Scuffi, Samolaco. Alla scoperta di un territorio, Biblioteca di Samolaco 2014.

Base swisstopo.ch
Partiamo dai crotti di San Pietro (m 300) e su al dritto per la dorsale che limita a oriente la val Mengasca. Ci appoggiamo a varie tracce tra le tristi selve abbandonate di castagni fino ad incrociare una pista per quad che ha snaturato l'antica mulattiera. A circa m 650 ha inizio un lungo traverso (SSE) che taglia il fianco del monte e ci porta a Santa Teresa. Purtroppo colate di cemento e variazioni di traiettoria hanno rovinato quell'antico tracciato che qualche anno fa avevo avuto modo di percorrere.
A Santa Teresa (m 965) ci sono alcuni cantieri aperti, tra cui uno appena sotto la chiesa, dove sta prendendo vita un cubo di cemento ricoperto di sassi in cui noi scherzosamente identifichiamo un garage. Santa te Teresa è il secondo maggengo di Samolaco per numero di baite e oggi è località di villeggiatura, rinomata specialmente per l'esteso panorama sulla Valchiavenna. A ridosso del ciglio roccioso del maggengo sorge la secentesca chiesetta. Ci sono delle rocce lisciate su cui vedo delle incisioni, ma, al posto di valutare il reperto archeologico, ci dilettiamo a suonare la piccola campana.
Su al dritto (O) dalla chiesetta e intercettiamo di nuovo la pista per quad che raggiunge Sambusina (m 1180), maggengo panoramico da cui nel 1927 partì una grossa frana che travolse parte delle baite di Santa Teresa.
Un tavolo con panche e targhetta, che ne indica la posa da parte dei cacciatori, anticipa di poco il punto in cui la vecchia mulattiera (dx) si sbarazza dei quad e inizia un acrobatico traverso sui precipizi della val Mengasca. È sorretta da muretti a secco e intarsiata con varie scalinate che agevolano i su e giù dell'unico percorso possibile per vincere il versante. Alcuni ruscelli ghiacciati richiedono particolare attenzione nel guadarli. Un cancello per gli asini suggerisce di chiuderci al di là Mario per una foto divertente. La tensione nel procedere è dettata, oltre che dai precipizi e dagli orridi recessi attraversati, dalla paura di trovarsi di fronte a una gola con molto ghiaccio e pendenze tali da respingerci nonostante ramponi e piccozza a seguito, ma ciò per fortuna non accade. 
Giungiamo nel centro ombrosa valle e il sentiero (m 1100 ca.) torna a salire con decisione avvolgendosi in numerosi tornanti sparsi nel fitto del bosco. Sfiorati i ruderi dell'alpe Crose, insistiamo verso SO litigando un po' col gelo. Di neve ce ne sono meno di 10 cm, il freddo è molto meno intenso che negli scorsi giorni: 4-5 gradi sotto zero, non meno. Il bosco è cosparso di rami spezzati dalla furia del vento e, quando i larici lasciano spazio agli abbandonati pascoli dell'alpe Manco, lo sguardo è catturato dalle imponenti barriere rocciose dei Moncech che chiudono l'orizzonte e solo alle 11:30 lasciano sorgere il sole.
L'alpe Manco (m 1728, ore 4:30), come scrive Sergio Scuffi, era la più grande di Samoloaco e qui vi si monticavano 60 mucche. A prova di ciò sono le numerose baite in pietra, di talmente buona fattura da essere ancora in piedi nonostante gli anni di abbandono. A O delle baite sorge il bivacco alpe Manco, una struttura in pietra e muratura molto bella e ospitale, sempre aperta per i pochi visitatori di questi luoghi.
Dopo il pranzo e il pisolino, il sole, che era sorto alle 11:30, tramonta. È l'una e ripartiamo pianeggiando a NNO per una traccia incerta, dove solo pochi rami tagliati ci confortano sulla presenza di un sentiero. Lottando con gli ontani scavalchiamo varie vallecole, perdendo anche un po' di quota, fino a scontrarci con una imponente barriera di roccia chiara con intrusioni più scure e rossastre che la disegnano. Siamo a circa m 1850 e, piegando a sx, saliamo per la vallecola erbosa che lambisce le barra rocciosa fino a guadagnare lo spartiacque con la val Garzelli. Siamo di nuovo al sole ed è piuttosto caldo. Io ho sudato 7 camicie e ora sono sulla cresta nevosa che ammiro un panorama estesissimo su tutta la val Chiavenna e sui Muncech.
Da qui non possiamo svalicare direttamente (dirupi), perciò pieghiamo a S e seguiamo la dorsale (un passaggio di II) che ci accompagna all'ampia sella della bocchetta di Campo (m 1921). Prendendo il sentiero giusto dall'alpe Manco l'avremmo raggiunta in mezz'ora, mentre noi ce ne abbiamo impiegata 1 e mezza!
Ramponi ai piedi ci gettiamo in val Garzelli (O), girando a sx il primo sperone, quindi piegando di nuovo a dx (N) e attraversando un ripiano che si chiude con un laghetto gelato. Da qui, sempre a N, perdiamo un po' di quota e imbocchiamo il sentiero che a circa m 1850 taglia alto il fianco dx della val Garzelli.
Valli, vallecole ghiaciate - santi ramponi! - cenge e svoltiamo l'angolo della dorsale che scende dalla quota 1907 (ruderi). Un sentiero ora più evidente prosegue, persa un po' di quota, pianeggiando a ENE fino alla sella ai piedi del monte Borlasca. Ci sono alcuni laghetti, che danno il nome a questo luogo, e molti abeti divelti dalla furia del vento. Lo scenario è piuttosto impressionante.
Sono le 16 e, mentre i miei compagni di gita riposano sotto un albero, faccio una scappata in vetta al monte Borlasca (m 1778), incredibile testone erboso da cui si ammirano tutti i monti della Valchiavenna e che dista meno di 10 minuti dalla sella. La quota è modesta, ma il sole indugia a tramontare su questo cocuzzolo che è ancora perfettamente illuminato, nonostante l'ombra sia già calata da tempo sulle analoghe alture della zona. Ciò è dovuto alla sua ubicazione, in linea con una breccia nella muraglia dei Muncech da cui i raggi solari filtrano anche quando l'astro è basso nel cielo. Oltre alle mie impronte ci sono quelle - probabilmente - di un pastore salito a cercare le capre.
Alcuni spogli faggi isolati nell'ampio spiazzo sommitale completano il quadro alpestre.
Ritrovati i miei soci, riprendiamo il cammino con un po' di paura di prender notte. Acceleriamo il passo cercando di restare concentrati per non perdere la traiettoria resa labile dalla neve. 
Ai piedi di un successivo testone ecco l'alpe Borlasca (m 1470), gruppo di case a vedetta sulla piana di Chiavenna. A valle dell'alpe (ESE) ha il via una pista per quad che ha sovrascritto senza alcuna remora il vecchio sentiero e lasciato al suo posto una sgarruppata stradicciola, il cui fondo è dissestato e ricoperto di pietre mobili, che raggiunge il fondovalle toccando l'alpe Monte Pozzolo e Tecc.
Dobbiamo correre che è tardi, ma il percorso fa davvero cagare. Un disincentivo per chiunque voglia raggiungere questi luoghi a piedi, almeno da San Pietro, dove, coi piedi dolenti, arriviamo assieme alla notte.


Pizzo sStella, piz da Lagh e pizzo Galleggione da Santa Teresa.

Panorama da Santa Teresa. 

Panorama da Sambusina.

Non aprite o Mario scappa!

Le dirute baite dell'alpe Manco e in lontananza l'omonimo rifugio.
  
L'alpe Manco.

Sbuchiamo su un testone a NE della bocchetta di Campo.

Verso la bocchetta di Campo.

Panorama sulla Valchiavenna dai pressi della bocchetta di Campo.

Uno dei guadi ghiacciati traversando alti sulla val Garzelli: è vietato scivolare o si viene ingoiati dalla cascata sottostante.

Sulla panoramica vetta del monte Borlasca.

Tramonto dall'alpe Monte Pozzolo.



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