sabato 30 luglio 2016

Attorno al pizzo Perandone (m 2455)



Per la sua forma lo chiamano Formighé, e questa sarebbe già una valida ragione per salirlo e vedere com’è da vicino. Ma se a questa curiosità aggiungiamo anche quella di visitare alpeggi e vallate sospesi sugli scoscesi fianchi dei monti a picco sopra Chiavenna e di cui non è facile conoscere altro che il nome sulle carte, allora possiamo pianificare una splendida gita ad anello con partenza proprio dalla città sulla Mera e tanti, tanti metri di dislivello scanditi da monumentali scalinate in pietra.

Il pizzo Perandone dalle pendici del pizzo Alto.


Partenza: Chiavenna - frazione Loreto (m 360).
Itinerario automobilistico: a Chiavenna ci si separa dalla SS 36 dello Spluga e si prende (seconda rotonda) la SS 37 del Maloja (indicazioni per ST. Moritz). Dopo circa 1 km si imbocca sulla sx Via Alla Chiesa di Loreto, che si segue fino al piazzale della chiesa di Loreto, dove vi è un piccolo parcheggio (m 360).
Itinerario sintetico:  Chiavenna, chiesa di Loreto (m 360) - stalla ai Ronchi (m 450) - Pianazzola (m 635) - Dalò (m 1108) - Lagunc (m 1348) - Gualdo (m ) - Breeghéc’ (m 1739) - Crespàl (m 1935) - pizzo Perandone (m 2455) - pizzo Alto (m 2479) - passo d’Avero (m 2332) - Carmezzano (m 2121) - Camàn (m 1750) - Al Mot (m 1450) - Dentro il Bosco (m 1050) - Terra Bionda (m 1115) - Dasile (m 1032) - Cranna (m 558) - Loreto (m 360).
Tempo di percorrenza: circa 14 ore.
Attrezzatura richiesta: scarponi e abbigliamento di varia grammatura in quanto si passa dal fondovalle a quasi m 2500. Assolutamente da evitare con neve nella parte alta.
Difficoltà/dislivello: 3- su 6, 2300 m in salita.
Dettagli: Alpinistica faclile. L’unico tratto alpinistico è la traversata dal pizzo Perandone al pizzo Alto (passi di II e traversi un po’ aerei su scoscesi versanti erbosi dove la traccia è piuttosto stretta). Nella discesa da Carmezzano a Al Mot serve esperienza per trovare il sentiero oramai svanito in molti punti. Il resto della gita è su sentieri segnalati o comunque facilmente intuibili (EE).
Mappe:
- CNS foglio 1275 - Campodolcino, 1:25000 (manca la parte bassa della gita);

- Kompass n.92 - Valchiavenna e Val Bregaglia, 1:50000;


****trovate l'itinerario completo sul n.38 de LMD in uscita il 21 settembre 2016*****

In rosso il tracciato principale, in giallo la variante di discesa per la valle dell'Acquafraggia, che evita ai non esperti di dover cercare i labili sentieri tra i precipizi ai piedi dell'alpe Carmezzano.
La chiesa di Loreto a Chiavenna.
Chiavenna dalla cappella panoramica lungo la salita a Dalò.
Pianazzola
La scala Santa
Lagunc
Crespal

Il laghetto di Crespal
Verso la vetta del pizzo Perandone.
Carmezzano
Baita con pioda monolitica a Canano a m 1750
Al Mot
Lungo le scalinate che scendono da Al Mot.
Una truna sotto un gigantesco masso e piena di fogliame: un ricovero d'altri tempi, che noi utilizziamo per sfuggire al temporale. Siamo a circa m 1000 nella località indicata sulle mappe come Dentro il Bosco.























domenica 24 luglio 2016

Pizzo del Salto (m 2665) e pizzo dell'Omo (m 2773)

Una bella gita in compagnia di Gianluca e Valentina tra le valli Caronno, Vedello e d'Ambria con le salite al pizzo del Salto, austera montagna con una parete di 600 metri che precipita in val Vedello ma che dallo stesso versante offre una itinerario senza difficoltà alpinistiche, e al pizzo dell'Omo, raggiunto per la sua poco frequentata e panoramica cresta N.
Scesi in val d'Ambria per il passo dell'Omo e il canalone di pietra a O di questo, abbiamo raggiunto la centrale di Zapello da cui, approfittando abusivamente del percorso in galleria del trenino di servizio agli impianti idroelettrici, siamo velocemente tornati ad Agneda.
Non starò a descrivervi nel dettaglio la gita, perchè i singoli tratti li trovate già negli itinerari online, ma vi mostrerò solo alcune immagini.


Il pizzo del Salto dalla sponda settentrionale della diga di Scais.

Partenza: Agneda (m 1228).  
Itinerario automobilistico: alla fine della tangenziale di Sondrio (direzione Tirano), prima del passaggio a livello si svolta a dx e si segue la strada provinciale fino a Busteggia. 100 metri oltre l'ex canile (semaforo) si prende la stradina sulla dx che sale a Pam per poi ricongiungersi all'arteria principale per Piateda Alta. Dopo circa 7 km da Sondrio si è al bivio in località Mon. Si segue sulla dx la carrozzabile che si inoltra in val Vedello fino alla centrale di Vedello (m 1000, 6 km). Mancano 2,5 km ad Agneda, ma per non avere sorprese (strada senza parapetti), è opportuno, appena si incontra la neve, parcheggiare la macchina e proseguire a piedi o con gli sci fino ad Agneda.
Itinerario sintetico: Agneda (m 1228) - diga di Scais (m 1494) - baita Cornascio (m 1599) - passo del Salto (m 2410) - pizzo del Salto (m 2665) - passo dell'Omo (m 2535) - pizzo dell'Omo (m 2773) - passo dell'Omo (m 2535) - baite Dossello (m 1595) - lago Zapello (m 1503) - centrale di Zapello (m 1425) - Agneda (m 1228) .
Tempo di salita previsto: 10 ore.
Attrezzatura richiesta: scarponi, un pezzo di corda per i più timorosi.
Difficoltà/dislivello in salita: 3 su 6 / 1450 m.
Dettagli: alpinistica PD-. Escursionistica la salita la pizzo del Salto, difficoltà di II/II+ sulla cresta N del pizzo dell'Omo con un breve passo di III.

Mappe: Kompass n.104 - Foppolo - Valle Seriana, 1:50000



L'itinerario più semplice di salita al pizzo del Salto dalla val Vedello.
La parete di roccia a N del passo del Salto. In secondo piano il pizzo Cerec.
Sulla facile cresta NE del pizzo del Salto, caratterizzata da numerose lame di roccia verticali.
In vetta al pizzo del Salto. Sullo sfondo la diga di Scais e il pizzo di Rodes.
Il tracciato per concatenare pizzo del Salto e pizzo dell'Omo e quindi scendere per il passo dell'Omo in val d'Ambria.
Il pizzo del diavolo di tenda dalla vetta del pizzo dell'Omo.
Dente di roccia strapiombante al passo dell'Omo.
Il lago Zapello prosciugato.
Il lago Zapello 3 settimane prima.




lunedì 18 luglio 2016

Pizzo Gro (m 2653)


La vetta strapiombante del pizzo Gro e il pizzo del Diavolo di Tenda.

Il pizzo Grò è una montagna strana e imponente, che ben vedo dalla finestra di casa mia a Montagna. La vetta è costituita da un grande monolite scuro e strapiombante sul lato bergamasco che poggia sulla larga mole del monte. E non solo: l'intero edificio sommitale è costituito da giganteschi blocchi accostati l'uno all'altro, presentanti talvolta profondissimi crepacci che non ne rendono facile l'attraversamento, come può constatare chi si avventura lungo la sua cresta NE.
Non esistono itinerari semplici per raggiungere la vetta del pizzo Grò: almeno il III grado lo si deve affrontare.

Dalla Motta di Scais, il tracciato di salita al pizzo Gro.

La prima salita al pizzo Gro fu effettuata da Giovanni Bonomi e Giancarlo Messa nell'agosto 1909 per il versante S (difficile e oggi crollato e praticamente inespugnabile). La mia salita di oggi, che ricalca la gita che avevo fatto nel settembre 2007, si rifà a quella di Alfredo e Nello Corti del 5 luglio 1935 e sfrutta un erto colatoio per raggiungere la valle sospesa sul versante O del monte.


Partenza: Agneda (m 1223).
Itinerario automobilistico: dal Campus scolastico di Sondrio si prende la SS38 in direzione Tirano fino alla fine della tangenziale. Poco prima del passaggio a livello si svolta a dx e si segue la SP che unisce Montagna Piano e Piateda  fino a Busteggia.  100 metri oltre l'ex canile si prende la stradina sulla dx che sale a Pam per poi ricongiungersi all'arteria principale per Piateda Alta. Dopo circa 7 km da Sondrio si è al bivio in località Mon. Si segue sulla dx la carrozzabile che si inoltra in Val Vedello. Poco oltre la Centrale di Vedello (m 1000, 6 km ) il fondo diventa sterrato misto cemento. Dal bivio Ambria-Agneda in meno di 3 km si è al fondo della piana di Agneda, dove si lascia la machina.
Itinerario sintetico:  Agneda (m 1223) – diga di Scais (m 1454) – ex miniere d'uranio della val Vedello –  piz Gro (m 2653) per il versante NO.
Tempo di percorrenza previsto: 7 ore per l'intero giro.
Attrezzatura  richiesta: scarponi, imbraco, corda e fettucce. Utili un paio di chiodi se si volesse scendere in doppia.
Difficoltà / dislivello in salita: 4- su 6, 1430 metri di dislivello in salita .
Dettagli: PD-. Tratti su roccia fino al III.

Tracciato di salita dalla val Vedello.

Tracciato di salita dalla val Vedello, esattamente dai piedi delle miniere (m 1750 ca).


In uno splendido pomeriggio d'estate voglio ripetere la salita al pizzo Gro che avevo fatto nel 2007 e dalla vetta tentare la discesa per la cresta NE che non ho mai percorso.
Salgo alla diga di Scais per la carrozzabile, poi seguo la medesima sulla sponda S della diga, raggiungo la costruzione di metallo da cui partiva la funicolare per le miniere d'uranio, quindi per la sgangherata e vecchia rotabile di servizio mi porto ai piedi delle miniere, dove un ruscello imbrigliato si getta nel torrente Vedello (m 1750 ca).
Il Piz Gro mi guarda lassù in alto. Dai pressi della vetta c'è una vallecola detritica che scende da E a O e pare piuttosto agevole, se non per il fato che è sospesa. Per accedervi vedo come unica soluzione un largo colatoio di roccia che si trova in fondo ad essa (O) e che guarda la diga di Scais.
Per la rotabile di servizio delle cave mi porto fino a circa m 1950, per spostarmi poi decisamente a S su detrito fino alla base del colatoio. 
Inizia una divertente arrampicata di circa 50 metri su roccia compatta (max III). Gli appigli sono pochi, ma buoni. La roccia è uno strano agglomerato di cristalli variopinti. Sto inizialmente al centro del colatoio, poi seguo la ripida cengia obliqua che si diparte sulla sx e porta a una fascia di vegetazione. Piego a dx e preso eccomi nella valle sospesa (m 2200 ca, ore 3).
La risalgo nel centro, costretto ad arrampicare su ulteriori brevi salti rocciosi. Le pendenze sono forti,  le zanzare - inaspettate a quest quota - rompono le palle. A m 2500 incontro il glacionevato del Piz Gro.

Lo salgo con prudenza perchè le scarpe da ginnastica hanno poca aderenza su neve ripida. Un'alta torre a dx parrebbe la cima, ma non lo è: meglio non farsi ingannare!
Mi porto a sx dove per rocce marce e qualche canalino arrivo su un ulteriore ripiano. Finalmente vedo la vetta, alla mia sx. Sembra sia stata appoggiata sul monte in qualche tempo remoto. L'avvicino con sospetto.
Per toccare l'ometto di vetta, ben più misero di quello del 2007 forse in seguito a un crollo, devo di nuovo arrampicare (II+ su placche) sulla faccia NO fino all'aerea vetta del piz Grò (m 2653, ore 1:30).
Il cocuzzolo è stranissimo: lato bergamasca è a sbalzo e i roccioni che lo sostenevano sono caduti in val Brembana oltre cent'anni fa. Le creste che si dipartono verso NE e SO sono tormentate e ricche di guglie dalla forme più bizzarre.
Non mi resta che ammirare il paesaggio e sua maestà Diavolo di Tenda, prima di tornare sui miei passi, non senza aver tentato un'improbabile attraversata senza attrezzatura sulla cresta NE, dove torri e profondi crepacci mi fanno desistere del proseguire.
Al termine del vallone sospeso, anzichè disarrampicare sulla dx per la via dell'andata, raggiungo il poggio erboso sulla sx. Dalla selletta a E del poggio ha inizio una traccia dei camosci (sx) che per cenge e per placche traversa il fianco del monte e mi deposita sui ghiaioni della dx orografica della val Vedello, fine delle ostilità.

Il rodes e la val Caronno viste da quota m 2450.

Il pizzo Gro incorniciato dalle fronde degli alberi.

venerdì 15 luglio 2016

Cima d'Arcanzo (m 2714)



La scusa di provare la macchina fotografica ritirata da poco mi dà il là per chiedere a Beno e Gioia di bivaccare su una qualche cima: loro accettano di buon grado.
Avendo piena fiducia in Beno, che sa' sempre calibrare le uscite in base ai componenti di una spedizione, gli lascio carta bianca sulla destinazione: lui opterà per la cima D'Arcanzo.
Ancora una volta riesce a stupirmi "tirando fuori dal cilindro" una montagna tanto sconosciuta quanto bella, forse una delle più panoramiche della val Masino, da cui si può osservare l'intero gruppo montuoso della valle, Disgrazia e Badile compresi.


La val Torrone dalla cima d'Arcanzo


Partenza: San Martino Val Masino
Itinerario automobilistico: Dalla strada statale 38 all'altezza di Ardenno-Masino imboccare la strada che si inoltra nella Val Masino fino a raggiungere il paese di San Martino. Nella piazza del paese svoltare a destra fino a raggiungere un parcheggio non a pagamento, punto di partenza dell'escursione.
Itinerario sintetico: vedi mappa, per l'itinerario dettagliato attendere l'articolo completo sul numero autunnale del 2016 de LMD
Attrezzatura richiesta: scarponi e bastoncini, portatevi una sufficiente scorta d'acqua in quanto i punti di rifornimento sul percorso sono pochi.
Dislivello in salita: 1700 m.
Dettagli: escursione da affrontare con una gamba abbastanza allenata, il sentiero si sviluppa prima in mezzo a un bosco misto di faggi, abeti e latifoglie tipiche della fascia altitudinale che si sta attraversando. Dall'alpe di Arcanzo il bosco lascia spazio ai magri e abbastanza ripidi pascoli di visega (fieno selvatico), fino a raggiungere la cresta ove lo spazio è conteso tra erba visega e pietraie. Sulla cresta tra anticipa e cima è richiesta attenzione a non scivolare sul pendio erboso abbastanza esposto. Dalla cima d'Arcano si gode di un ottimo panorama sull'intera val Masino e sulla Valtellina, dal Legnone fino ai monti sopra l'Aprica.



L'ascesa alla cima di questa montagna non è da ritenersi banale in quanto il considerevole dislivello (1700 m da San Martino) concentrato in uno sviluppo ridotto unito alle difficoltà che si trovano nel riuscire ad orientarsi in questa montagna abbandonata , la rendono un'escursione adatta a persone con buona gamba e ottimo senso di orientamento - consigliamo di avere con se cartina e altimetro.
Poco dopo l'inizio del percorso, il sentiero si impenna e una serie interminabile di tornanti alle volte poco evidenti (presenti degli ometti) non lasciano tregua fino a un minuscolo gruppo di baite posto a 1600 mt, poi un unico breve tratto in piano ci conduce all'alpe Arcanzo e da li ancora su per circa 1000 mt alquanto ripidi!!!
Insomma... un sentiero che a ragion veduta si può definire, come va di moda di questi tempi, vertical!
Non vi anticipo niente di più sull'itinerario che troverete nel prossimo numero della rivista, vi dico solo che entrerete in contatto con quella che io definisco "vera montagna", lontana dal turismo di massa e scevra dalle comodità. Lungo il percorso si incontreranno i ruderi di molte baite che dovevano essere talmente essenziali da far pensare che"forse gli uomini di neanderthal erano messi meglio" (cit. Beno), eppure tali pastori riuscivano a cavarsela.

SIAMO QUASI ARRIVATI: Un vento repulsivo accoglie me, Beno e Gioia sull'anticima ma non ci facciamo sopraffare e cerchiamo un luogo riparato per trascorrere la notte, nei nostri sacchi a pelo, sotto una tenda di stelle.
Per combattere contro il vento costruiamo una specie di piccola trincea e lasciamo li gli zaini: non siamo ancora in cima!
Quando vedo il percorso che rimane da fare - un pendio scosceso ricoperto di visega - decido di demordere e lascio andare Beno e Gioia, che sono più allenati di me, a raggiungere la vetta a quota 2714 mt. Io mi accontento dell'anticipa, da cui ho la possibilità di osservare gli altri due compagni superare l'ultimo tratto di salita e giungere dunque sulla cima.

Il vento prima si fa più forte e poi va scemando d'intensità tanto che, al rientro degli altri, decidiamo di dormire non nel posto prestabilito ma sulla dorsale panoramica pochi metri sotto l'anticipa a circa 2550 mt, più esposta ai venti ma molto più panoramica. Facciamo in tempo a stendere i materassini e i sacchi a pelo che il vento ritorna e per poco fa volare via giaciglio di Beno, ma ormai la decisione di dormire lì è stata presa e quindi ci mummifichiamo nei nostri bozzoli. Il vento ogni tanto porta con se il rumore dei campanacci delle pecore al pascolo nei dintorni e la temperatura prossima allo zero ci costringe a consumare il rancio ognuno all'interno del sacco a pelo.
Ci scambiamo poche parole, la luna rischiara le cime circostanti: alcune sono famose e le riconosco pure io, altre è Beno che deve dargli un nome.
In lontananza si vede Morbegno e la val Gerola inaspettatamente puntinata da una miriade di luci, vedo la diga di Trona e vedo la Cà San Marco illuminata.
Non riesco a dormire dal freddo che mi congela i piedi, apro gli occhi e scopro che la luna se n'è andata, lasciando il posto a una miriade di stelle e allora trovo il coraggio di uscire dal mio bozzolo e sfoderare la macchina fotografica che Beno mi ha passato, unitamente a un bell'obiettivo f 1.8. Cerco di fare piano per non svegliare gli altri due dormiglioni, scatto ripetute foto ma poi a un certo punto il freddo mi costringe a tornare "a cuccia". Mi giro e mi rigiro, forse mi addormento.
La mattina per me e Gioia arriva presto, sono le 6.00 e siamo svegli come grilli, vorremmo partire ma il capo spedizione, più nel mondo onirico che in quello reale dice di aspettare il sole. Quando alle 7 notiamo che c'è il sole fino alla ridente e saliva Sirta (nota località agognata dai fanatici dell'abbronzatura) ma non dove siamo noi, costringiamo Beno ad alzarsi e incominciamo la discesa, non per la via di salita ma compiendo un anello che ci consente di attraversare l'alpeggio abbandonato di Arcanzolo e in seguito di ricollegarci al sentiero di salita, senza prima risparmiarci circa 40 minuti di tribolazioni in mezzo a selve di "maross (ontani neri) e di maruì (rododendri).
Transitando per San Martino e Filorera ci rendiamo conto che l'intera valle è invasa da una miriade di escursionisti visibilmente super attrezzati, eppure, dove siamo andati noi, nessuno, se non una famigliola di pernici, alcuni stambecchi e le pecore, ci hanno salutato durante il percorso.


Itinerario di salita ala cima D'Arcanzo per l'omonimo alpeggio e variante di discesa per Arcanzolo
Salita lungo il ripido e tortuoso sentiero


Gioia laureata con un fiore di Maggiociondolo


Panorama dalle pendici del monte Arcanzo verso San Martino e la Valle Dei Bagni.



Il Paese di Filorera e la media Val Masino visti dall'alpe Arcanzo
Bene e Gioia ormai in cima

Cima d'Arcano








Tratti delicati di ritorno dalla cima, appena dietro l'anticipa




Ago di Cleopatra


Ci si prepara alla fredda notte



Il firmamento celeste sopra la Val Masino



Da lontano giungono le luci della civiltà - Morbgeno e val Gerola




Breve cengia che consente la discesa all'alpe Arcanzolo