lunedì 18 luglio 2016

Pizzo Gro (m 2653)


La vetta strapiombante del pizzo Gro e il pizzo del Diavolo di Tenda.

Il pizzo Grò è una montagna strana e imponente, che ben vedo dalla finestra di casa mia a Montagna. La vetta è costituita da un grande monolite scuro e strapiombante sul lato bergamasco che poggia sulla larga mole del monte. E non solo: l'intero edificio sommitale è costituito da giganteschi blocchi accostati l'uno all'altro, presentanti talvolta profondissimi crepacci che non ne rendono facile l'attraversamento, come può constatare chi si avventura lungo la sua cresta NE.
Non esistono itinerari semplici per raggiungere la vetta del pizzo Grò: almeno il III grado lo si deve affrontare.

Dalla Motta di Scais, il tracciato di salita al pizzo Gro.

La prima salita al pizzo Gro fu effettuata da Giovanni Bonomi e Giancarlo Messa nell'agosto 1909 per il versante S (difficile e oggi crollato e praticamente inespugnabile). La mia salita di oggi, che ricalca la gita che avevo fatto nel settembre 2007, si rifà a quella di Alfredo e Nello Corti del 5 luglio 1935 e sfrutta un erto colatoio per raggiungere la valle sospesa sul versante O del monte.


Partenza: Agneda (m 1223).
Itinerario automobilistico: dal Campus scolastico di Sondrio si prende la SS38 in direzione Tirano fino alla fine della tangenziale. Poco prima del passaggio a livello si svolta a dx e si segue la SP che unisce Montagna Piano e Piateda  fino a Busteggia.  100 metri oltre l'ex canile si prende la stradina sulla dx che sale a Pam per poi ricongiungersi all'arteria principale per Piateda Alta. Dopo circa 7 km da Sondrio si è al bivio in località Mon. Si segue sulla dx la carrozzabile che si inoltra in Val Vedello. Poco oltre la Centrale di Vedello (m 1000, 6 km ) il fondo diventa sterrato misto cemento. Dal bivio Ambria-Agneda in meno di 3 km si è al fondo della piana di Agneda, dove si lascia la machina.
Itinerario sintetico:  Agneda (m 1223) – diga di Scais (m 1454) – ex miniere d'uranio della val Vedello –  piz Gro (m 2653) per il versante NO.
Tempo di percorrenza previsto: 7 ore per l'intero giro.
Attrezzatura  richiesta: scarponi, imbraco, corda e fettucce. Utili un paio di chiodi se si volesse scendere in doppia.
Difficoltà / dislivello in salita: 4- su 6, 1430 metri di dislivello in salita .
Dettagli: PD-. Tratti su roccia fino al III.

Tracciato di salita dalla val Vedello.

Tracciato di salita dalla val Vedello, esattamente dai piedi delle miniere (m 1750 ca).


In uno splendido pomeriggio d'estate voglio ripetere la salita al pizzo Gro che avevo fatto nel 2007 e dalla vetta tentare la discesa per la cresta NE che non ho mai percorso.
Salgo alla diga di Scais per la carrozzabile, poi seguo la medesima sulla sponda S della diga, raggiungo la costruzione di metallo da cui partiva la funicolare per le miniere d'uranio, quindi per la sgangherata e vecchia rotabile di servizio mi porto ai piedi delle miniere, dove un ruscello imbrigliato si getta nel torrente Vedello (m 1750 ca).
Il Piz Gro mi guarda lassù in alto. Dai pressi della vetta c'è una vallecola detritica che scende da E a O e pare piuttosto agevole, se non per il fato che è sospesa. Per accedervi vedo come unica soluzione un largo colatoio di roccia che si trova in fondo ad essa (O) e che guarda la diga di Scais.
Per la rotabile di servizio delle cave mi porto fino a circa m 1950, per spostarmi poi decisamente a S su detrito fino alla base del colatoio. 
Inizia una divertente arrampicata di circa 50 metri su roccia compatta (max III). Gli appigli sono pochi, ma buoni. La roccia è uno strano agglomerato di cristalli variopinti. Sto inizialmente al centro del colatoio, poi seguo la ripida cengia obliqua che si diparte sulla sx e porta a una fascia di vegetazione. Piego a dx e preso eccomi nella valle sospesa (m 2200 ca, ore 3).
La risalgo nel centro, costretto ad arrampicare su ulteriori brevi salti rocciosi. Le pendenze sono forti,  le zanzare - inaspettate a quest quota - rompono le palle. A m 2500 incontro il glacionevato del Piz Gro.

Lo salgo con prudenza perchè le scarpe da ginnastica hanno poca aderenza su neve ripida. Un'alta torre a dx parrebbe la cima, ma non lo è: meglio non farsi ingannare!
Mi porto a sx dove per rocce marce e qualche canalino arrivo su un ulteriore ripiano. Finalmente vedo la vetta, alla mia sx. Sembra sia stata appoggiata sul monte in qualche tempo remoto. L'avvicino con sospetto.
Per toccare l'ometto di vetta, ben più misero di quello del 2007 forse in seguito a un crollo, devo di nuovo arrampicare (II+ su placche) sulla faccia NO fino all'aerea vetta del piz Grò (m 2653, ore 1:30).
Il cocuzzolo è stranissimo: lato bergamasca è a sbalzo e i roccioni che lo sostenevano sono caduti in val Brembana oltre cent'anni fa. Le creste che si dipartono verso NE e SO sono tormentate e ricche di guglie dalla forme più bizzarre.
Non mi resta che ammirare il paesaggio e sua maestà Diavolo di Tenda, prima di tornare sui miei passi, non senza aver tentato un'improbabile attraversata senza attrezzatura sulla cresta NE, dove torri e profondi crepacci mi fanno desistere del proseguire.
Al termine del vallone sospeso, anzichè disarrampicare sulla dx per la via dell'andata, raggiungo il poggio erboso sulla sx. Dalla selletta a E del poggio ha inizio una traccia dei camosci (sx) che per cenge e per placche traversa il fianco del monte e mi deposita sui ghiaioni della dx orografica della val Vedello, fine delle ostilità.

Il rodes e la val Caronno viste da quota m 2450.

Il pizzo Gro incorniciato dalle fronde degli alberi.

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