domenica 28 settembre 2014

Altavia della Valmalenco: un assaggio della III tappa

L'ultima domenica di settembre abbiamo percorso la III tappa dell'Altavia della Valmalenco con la variante che porta in Longoni. Gran bella giornata e gran bel giro per completare il corredo fotografico dell'articolo che uscirà sul n.32 de LMD, quello primaverile. Questo inverno, infatti, abbiamo deciso di interrompere la narrazione del grande sentiero a tappe, dato che con neve diventa pericoloso.

Partiti alle 9 da Chiareggio, abbiamo fatto un ampio arco nell'alta val Sissone, proprio ai piedi della parete N del Disgrazia, per ripiegare verso NE e, varcate due creste, toccare il rifugio Del Grande-Camerini.
In questo tratto è la cima di Vazzeda coi sui marmi luminosi a monopolizzare gli sguardi ogni qual volta il Disgrazia è coperto.
Dal Del Grande siamo scesi all'alpe Vazzeda, dove abbiamo tristemente constatato il crollo del tetto baitone dell'alpe Superiore. Qui abbiamo preso a N (sx) seguendo il sentiero poco curato per l'alpe Monte Rosso Inferiore, da cui per erbe alte e infestanti sono faticosamente salito a fotografare l'alpe Monte Rosso Superiore, con l'illusione di trovare una traccia per gli escursionisti.
La discesa è stata terribile ancor più della salita.
Attraversata la valle del Muretto siamo approdati al poggio panoramico dell'alpe dell'Oro da cui, dopo un lungo traverso a mezzacosta su sentiero spesso invaso da erba e piante, siamo giunti all'alpe Fora.
Qui le nebbie ci hanno precluso la possibilità di finire il reportage fotografico e ci hanno obbligato a scendere a Chiareggio.
Si tratta in definitiva di un giro da 9 ore, estremamente panoramico ma che necessiterebbe di maggiore manutenzione dei sentieri. Vi mostro in anteprima alcune immagini.

La testata della val Sissone con le tre cime di Chiareggio. A sx il passo di Mello.
Punta Baroni, spigolo E.
Sassa di Fora, Tremogge, Cresta Güzza e Argento dalla val Sissone.
Il versante N del Disgrazia.
Giochi di acqua e di rocce.
Valicando la cresta per l'alpe Sissone.
Le Tre Mogge dalla bocchetta.
Gioia indica la Sassa di Fora.
Cima di Vazzeda, versante SE. 
Il rifugio Del Grande - Camerini è dedcato a due alpinisti precipitati sui pizzi Torrone.
I colori dell'autunno scendendo all'alpe Vazzeda.
La baita dell'alpe Vazzeda Superiore è crollata questa primavera.
Baite all'alpe Monte Rosso Superiore (m 2202)
Il versante N del Disgrazia.
L'alpe dell'Oro.

Tra le nebbie, la parete S della Sassa di Fora.
Un bel cardo all'alpe Fora.

sabato 27 settembre 2014

La raccolta del furmentun

Sabato, tutti vestiti come i nostri nonni, ci siamo armati di fulscella e buona volontà per raccogliere il furmentun nel campo di Carlo alla Moia di Carona.
Ci abbiamo messo un'intera giornata tra raccolta, canti, pranzo, legatura, trasporto e incasellamento, ma è stato davvero un momento speciale di amicizia e condivisione.
Così come nel mio personale business con le capre, la spesa ovviamente non vale l'impresa, ma in queste faccende non è certo il tornaconto economico ciò che si va a cercare, quanto di mantenere viva - praticandola - una delle tante tradizioni dei nostri paesi che stanno sparendo al soffio del tempo e di una folle modernità che rende schiavi di perverse dinamiche consumistiche.














Sebbene la tradizione voglia il basto e il mulo, o mezzi umani, la gip a volte fa molto comodo!

Il furmentun è stato incasellato sotto il portico della chiesa di Carona!


http://youtu.be/ZhW126Vs6d4

lunedì 22 settembre 2014

Attorno a Malghera: Sassalbo (m 2862), cima di Rosso (m 2858) e vetta Sperella (m 3075)

Una ventosa giornata d'inizio autunno è l'ideale per andare a cavalcare la simpatica cresta che divide la val Grosina Occidentale dalla valle di Poschiavo, toccandone tre panoramiche vette. La maggiore di queste, la vetta Sperella, è anche la più alta dell'orografica dx della val Grosina Occidentale e si mostra da lontano come una massiccia piramide di roccia. Perle dell'escursione sono i laghetti alpini che, come caratteristica di questo settore di Alpi Retiche, puntinano le vallate.
Per questa gita scelgo di andare da solo, perché ogni tanto è bello anche così !

L'alba sulla piana del lago di Malghera.

Partenza: Malghera (m 1936).
Itinerario automobilistico: dalla chiesa parrocchiale di San Giuseppe all'ingresso di Grosio si entra nel paese  e lo si attraversa fino a trovare e seguire le indicazioni sulla sx per la val Grosina. La via asfaltata prende quota verso Ravoledo offrendo ampia visuale su Grosio. Dopo vari tornanti, si taglia a mezza costa fino a Fusino, dove si prende la deviazione per Malghera (sx - distributore automatico del biglietto di accesso giornaliero - costo 3 €). Attrraversato il Roasco appena sotto la diga (ponte, m 1163) , la strada asfaltata penetra in val Grosina Occidentale e avvicina vari nuclei che presentano tutt'ora le originali caratteristiche costruttive (Presacce, Ortesei, Sacco). Un bretella pianeggiante sterrata anticipa il guado sul torrente che scende dalla val Pedruna. Al ponte seguono dei ripidi tornanti asfaltati con bella vista sull'imponente cascata del Roasco Occidentale. Oltre le baite di Pirla si è nella conca di Malghera e in breve a Malghera (m 1936, 18 km da Grosio). Si può lasciare l'auto nel parcheggio che precede la chiesa della Madonna del Muschio (m 1960). 
Itinerario sintetico: Malghera (m 1960) -  lago di Malghera (m 2316) - lago del Drago (m 2588) - Sassalbo (m 2862) - forcola di Rosso (m 2676) - cima di Rosso (m 2858) - bocchetta dell'Orso (m 2781) - quota 2991 - bocchetta di quota 2931 - vetta Sperella (m 3075) - laghi della Sperella - baita di quota m 2340 - Malghera (m 1960). 
Tempo di percorrenza previsto:
 9-10 ore per l’intero giro.
Attrezzatura richiesta: casco, imbraco, cordini, qualche friend o dado, corda (30 m).
Difficoltà: 4- su 6.
Dislivello in salita: 1450 metri ca.
Dettagli:  PD+ gita su creste piuttosto lunga con passi fino al III+. Il tratto più impegnativo è quello che dalla forcola di Rosso sale alla cima di Rosso, seguito da quello che va dalla bocchetta dell'Orso alla quota 2991 dov'è un singolo passo piuttosto esposto. Le rocce sono di consistenza variabile, ma generalmente solide nei punti più aerei.

mappe: Kompass n. 96, Bormio-Livigno, 1:50000.




Non troppo convinto e incalzato dal vento gelido, lascio il caldo abitacolo del Panda nei pressi del ristoro di Malghera (m 1960), dov'è un comodo parcheggio. Guidato dai cartelli imbocco la stradicciola che s'inoltra nella valle di Malghera (SE) appena sulla sx idrografica. Le pendenze, inizialmente moderate, crescono con decisione al termine della carreggiabile (opera di presa). Attraversato il torrente, con qualche tornante il sentiero supera il gradone per la piana pascoliva che ospita il bivacco e il tondeggiante lago di Malghera (m 2316, ore 1).
Il sole accenna una timida alba e lancia fendenti di luce che s'infiltrano tra le nubi. Tutto diventa dorato e il lago, posto al limite meridionale della piana, in pochi minuti varia da un tono cupo al suo caratteristico blu.
Appena a N del lago, in posizione leggermente rialzata, si trova il bivacco di Malghera, una minuscola casetta in pietra. Guardando a O noto il ruscello che scende da un ripiano ai piedi del Sassalbo, o meglio della sua vetta valtellinese e va a unirsi all'emissario del lago di Malghera quasi in fondo alla piana. Camminando accanto al ruscello (O) rimonto tra erba e roccette (non c'è sentiero) il gradone, attraverso il piccolo altipiano e passeggio tra gli eriofori che ornano le sponde di un laghetto senza nome (m 2426, ore 0:20).
In val di Sacco nevica, e anche qui qualche fiocco si confonde coi batuffoli di erioforo che il vento fa carambolare in aria.
Pianeggio in direzione SSE fino al costone che limita l' anfiteatro dove mi trovo e lo divide dalla vallecola detritica per il passo di Malghera.
Non essendo necessario raggiungere il passo, risalgo tra erba e sassi la spalla (SO, dx) che presto mi regala un esteso panorama sulla val Poschiavo. A m 2588, in una conca rocciosa che tanto assomiglia ad un cratere, si trova il tondeggiate lago del Drago, nelle cui acque - c'è chi sostiene - dimora la creatura alata sputafuoco.
Proprio qui, alto una quarantina di metri sopra lo specchio d'acqua, salgo sulla cresta SE della cima valtellinese del Sassalbo, che si vede anche da Malghera. Il punto culminante della montagna, invece, si trova in territorio elvetico, 400 metri di cresta a O dello spartiacque italo-svizzero.
Sono avvolto nel piumino e ho su anche il cappuccio perchè il vento mi vuole congelare le orecchie.
Oltre una sella  (questo passaggio su CNS è indicato come passo di Rovano), la dorsale s'impenna. Piego a sx e, seguendo una esile traccia, attraverso i pendii che mi portano nel mezzo di un canale detritico.
Lo risalgo, un po' intimorito da uno stambecco che mi guarda dall'alto e forse mi vuole scagliare addosso qualche pietra.
100 metri di dislivello mi portano sulla cresta frastagliata che collega le due vette del Sassalbo. Qui mi dirigo a sx (O) lungo l'irregolare filo roccioso (passi di I e II grado) finchè, alla depressione ai piedi del testone biancastro, intercetto la traccia che si snoda sul versante meridionale e, senza alcuna difficoltà, mi conduce alla croce di vetta del Sassalbo (m 2862, ore 1:45).
Il panorama è grandioso: si vede tutta la valle di Poschiavo dal lago di Poschiavo al lago Bianco. Si notano addirittura i pennacchi di neve che si sollevano dalle creste di pizzi Palù: lassù Eolo sta dando il meglio di sé.
Al ritorno decido di non aggirare il testone sommitale, ma disarrampicarlo verso E dando retta a dei bolli scoloriti. Ci sono alcuni passi di III un po' aerei, ma la roccia calcarea è affidabile. Ripercorsa la cresta a ritroso, all'uscita del canale, smonto questa volta a sx (N) dove, correndo in una vallecola di detriti, perdo e arrivo alla forcola di Rosso (m 2672, ore 0:45).
Oggi sono proprio fiacco. Le soste per bere, far foto e studiare il tragitto abbondano sulla strada degli scoppiati!
A N si alza la cresta meridionale della cima di Rosso, alla cui dx c'è una parete solcata da un canale di roccia.
Pianeggiando verso dx evito la cresta e mi porto sul conoide detritico allo sbocco del canale, quindi metto il timone verso l'alto e mi introduco nel solco.
Chissà se si esce.
L'ambiente è piuttosto tetro e il pericolo di caduta pietre effettivo. Ma almeno qui non c'è vento!
Dopo poco il colatoio si biforca. Scelgo il ramo di dx che si fa via via più ripido. Alla successiva biforcazione vado a sx e il solco diviene verticale e strettissimo.
Gli appigli sono sempre buoni, la roccia è alquanto fredda.
Dopo un salto non proprio banale (III+/IV-) mi ritrovo nella parte alta della parete, decisamente più facile, che mi accompagna in cresta. Una groppa di sfasciumi fa da sipario allo striminzito ometto di vetta (cima di Rosso, m 2858, ore 0:45).
Il trenino rosso che stride sui binari è un suono piacevole che taglia l'aria, ma purtroppo non è il solo. Aerei su aerei solcano il cielo e ne inquinano l'azzurro terso movimentando uomini in continue trasferte internazionali.
Il versante settentrionale del monte è una ganda dove gli animali hanno disegnato i loro sentieri. Pure la cresta di confine non oppone particolare resistenza se scesa per toccare l'intaglio squadrato della bocchetta dell'Orso (m 2781, ore 0:20).
Nuova sosta a bere. Pietraie tutt'intorno a me. Assolate quelle italiane, buie e coperte di verglass quelle svizzere. Il vento, che un po' s'è placato, è ancora piuttosto fastidioso.
Ha ora inizio la lunga cresta S della vetta Sperella, capolinea della mia gita. La via che sto andando a percorrere è la stessa seguita nel dal primo salitore, Renzo Lardelli, e si presenta cosparsa di spuntoni e salti che parrebbero volersi opporre al mio cammino.
Mi attengo al filo, appoggiandomi appena a sx o dx dello spartiacque per evitare di toccare con delirio di onnipotenza la punta di proprio tutte le guglie. Le difficoltà sono contenute finchè la dorsale non piega decisamente a sx. Grazie a una strettissima ed esposta cengia rocciosa (4 m) traverso sul versante svizzero stando 4 metri sotto il filo, poi trovo uno sperone (III+) che mi riporta in cresta.
La guerra finisce e presto sono sulla quota m 2991 (ore 0:40), a E della quale si diparte una cresta con vari gendarmi.
Appoggiandomi per lo più al lato svizzero, perdo quota fino a una placconata di una decina di metri.
Le fessure che la incidono ne agevolano il superamento.
Sono così alla selletta di m 2932.
Riprende l'arrampicata su rocce rotte, blocchi e brevi paretine anche piuttosto solide (passi di II).
Mi affido sempre alla Svizzera per evitare guai, anche se il versante elvetico è decisamente diroccato. Al punto nodale si saldano la cresta S da cui provengo, quella ONO e la E, che in breve mi regala la vetta Sperella (m 3075, ore 1:15).
Inutile dire che non mi fermo troppo a contemplare i laghetti del Teo, che luccicano nella conca a N della vetta, ma corro subito in cerca di guai lungo la cresta E. Giungo presto a un salto di una cinquantina di metri. Non ho la corda.
Tento di aggirarlo da N per rocce fredde e marce.
Con estrema cautela mi abbasso a sx su placche e camini oltrepassando un chiodo di sicurezza, ma qualche metro più in basso arrivo al punto che scendere oltre non è più sicuro: il pietrisco è gelato e gli scarponi scivolano.
Che palle!
Scornato torno in vetta e al punto nodale.
Pochi metri verso sx (S) e sono ad un intaglio: qui precipita a SE un canale coperto di rottami che, pur opponendosi con un paio di brevi salti rocciosi (III+), mi deposita nella valle della Sperella.
Pietraie rossicce s'adagiano sempre più fino al bordo dell'anfiteatro, dove brillano due laghetti.
Il mio bagnetto rituale è davvero fugace perchè l'acqua è gelida.
Al margine della conca, una rampa d'erba e macereti (stare a dx) digrada nella valle compresa tra la cresta E della vetta Sperella e il prolungamento della dorsale NO della cima di Rosso.
Ne raggiungo il fondo dove si legge chiaramente un antico cordolo morenico. Lo contorno da sx, per poi piegare a dx in leggera salita e raggiungere il testone panoramico di quota m 2441 (discontinue tracce di sentiero).
Mi affaccio e, sulla direttrice per Malghera, noto un alpeggio abbandonato.
Vi giungo a naso per pascoli abbandonati, quindi piegando più a S (dx) perdo ulteriormente quota fino ad intercettare il sentiero per Malghera (m 1960, ore 3:15).

L'alba sui ripiani del lago di Malghera. Sullo sfondo a dx si vede il pizzo Matto e, tra le nubi, la cima Viola.
Il bivacco nei pressi del lago di Malghera.
L'azzurro lago di Malghera e il bivacco.
Gli eriofori sulle sponde del laghetto innominato a m 2426 a O del lago di Malghera.
Il lago di Malghera dall'alto.
Il lago di Malghera e la val di Sacco dall'alto.
Il lago del Drago e la cima valtellinese del Sassalbo.
Il Sassalbo da E e sullo sfondo i pizzi Palù.
Sulla cresta che unisce le due cime del Sassalbo.
Panorama sulla val Poschiavo dalla vetta del Sassalbo.
La vetta Sperella, in fondo a sx, vista dal Sassalbo.
Il tracciato di cresta. Il triangolo giallo indica la cengia esposta, passaggio chiave della cresta S della Sperella.
All'uscita del canale per la cima di Rosso. 
Sulla cresta S della Sperella, appena oltre la bocchetta dell'Orso.
Lago di Malghera, cima di Rosso e Sassalbo dalla cresta S della Sperella.
Verso la quota m 2991, ben visibile col suo ometto alla mia dx.
L'ultimo tratto della cresta S della Sperella vista dalla quota m 2991. Tratteggiato il canale di discesa.
I laghi del Teo dalla Sperella.
I tracciati di salita e discesa dai laghi della Sperella.
Bagnetto nell'inferiore dei laghetti della Sperella.
Verso la quota m 2441.
Il santuario della Madonna del Muschio di Malghera. Sullo sfondo la cima di Saoseo.

Le ultime luci a Malghera. Sullo sfondo la cima di Saoseo.