giovedì 28 agosto 2014

Gran Zebrù (m 3851) per la Suldengrat

Siamo sulla montagna più affascinante del gruppo dell'Ortles-Cevedale, nota sul versante altoatesino come Königs-Spitze. 

La Suldengrat, ritenuta tra le più belle vie di misto delle Alpi centrali, corre sulla lama di rocce e neve che va dal passo di Solda alla cima del Gran Zebrù: «Devono esserci poche cime in tutte le Alpi con creste di tale lunghezza che dall'inizio alla fine corrono ininterrottamente taglienti ad affilate fra pareti così scoscese che precipitano a destra e a sinistra» - così scriveva Julius Meurer, primo salitore della Suldengrat nel 1879.

Suldengrat - parte alta.
Partenza: Albergo dei Forni (m 2178).
Itinerario automobilistico: da Bormio si segue la SS 300 del Gavia verso la Valfurva. Si attraversano così Uzza, San Nicolò e Sant'Antonio. Dopo un tratto solitario minacciato dalla frana del Ruinon, una rapida ma esaustiva sfilata di ecomostri fa da sipario a Santa Caterina Valfurva (m 1734, 13 km, servizio bus). All’inizio del paese si prende a sx per i Forni, lungo una stradella asfaltata ma ben presto alquanto ripida e stretta. Ci si addentra così nella valle dei Forni fin nei pressi dell’Albergo dei Forni, dove si trovano estese aree di parcheggio (6 km).
Itinerario sintetico:  Albergo dei Forni (m 2178) - rifugio Pizzini/Frattola (m 2700) - colle delle Pale Rosse (m 3379) - passo della Miniera (m 3353) - passo di Solda (m 3427) - Gran Zebrù (m 3851) -  colle della Bottiglia (m 3293) - rifugio Pizzini/Frattola (m 2700) - albergo dei Forni (m 2178).
Tempo previsto: 14 ore per l'intero giro.
Attrezzatura richiesta: corda (almeno 45 m qualora si volessero effettuare le calate sulla normale), 3-4 fettucce, un paio di moschettoni, 2 chiodi da ghiaccio, piccozza, ramponi, imbraco e casco.
Difficoltà/dislivello: 5- su 6 / oltre 2000 metri.
Dettagli: Alpinistica D-. Itinerario molto lungo e, nella parte più difficile, poco proteggibile. Richiesta ottima conoscenza della progressione alpinistica in conserva su cresta. Pendii di neve/ghiaccio fino a 45°-50°, passi su roccia (talvolta molto friabile) di II, III e IV. Ambiente isolato e grandioso. Assolutamente da non sottovalutare la discesa per la via normale.
Mappe:
- Tabacco n. 08 - Ortles/Cevedale,1:25.000;  

- Kompass n. 72 - Ortles/Cevedale, 1:50.000. 




Oggi, in condizioni invernali, ci siamo stati io, Giorgio e Andrea. Tutta la cresta da battere, ma condizioni e paesaggi davvero emozionanti.
La relazione completa la trovate sul n.30 de LMD, qui di seguito eccovi un po' di foto della nostra salita. La prima serie è realizzata con pentax k3 e sigma 8-16mm, mentre la seconda con ricoh gr, una compatta con sensore apsc e focale fissa da 28mm. Un ottimo acquisto!
Sull'onda del nostro entusiasmo, il Caspoc è stato su il 2.9 a rifare la via da solo. Ho visto le foto e le condizioni non sono per niente migliorate. Sarà ora di preparare gli sci?

Verso il colle delle Pale Rosse.
Appena al di là del colle delle Pale Rosse. Sullo sfondo la cima delle Pa le Rosse.

Ghiacciaio della Miniera verso il passo della Miniera. 
Dal passo della Miniera siamo scesi per un ripido canalino direttamente sul ghiacciaio dello Zebrù. Situazione rara a fine stagione perchè il crepaccio basale è solitamente difficilmente scavalcabile.
Suldengrat - nei pressi del Nido d'aquila, avamposto degli Alpini durante la Prima Guerra Mondiale. Quello dei rivali austriaci si trovava proprio in vetta al Gran Zebrù.
Una rampa ripida fa accedere all'ultimo tratto di cresta, nevosa ed esposta.
Quasi in vetta!
La Suldengrat dal passo della Miniera. Questa e le successive foto le ho fatte con la Ricoh GR.
Salendo al passo di Solda. Stiamo facendo i cretini perchè la rampa nevosa non è affatto ripida (40°).
Suldengrat: sul primo tratto della cresta, quello che porta alla spalla di quota 3645. Passi di II e III.
Tutto sparato di neve e ghiaccio.
Verso il testone di quota 3645.
Nella parte centrale pianeggiante si trovano le maggiori difficoltà nell'aggirare da S (dx) alcuni blocchi che ostruiscono la cresta. 
Suldengrat, parte centrale.
Per vedere il sole dobbiamo aspettare di tornare ai Forni! Guardate come il ghiacciaio è quasi tutto coperto di neve fresca.

domenica 24 agosto 2014

Lago di Selù (m 2264) e cima Tresciana (m 2812)

Nel novero delle valli orobiche valtellinesi, la valle di Bondone è una delle meno frequentate, dove l'escursionista può passeggiare nella massima solitudine.
Compresa tra la val Malgina a ovest e la val Caronella a est, si trova interamente nel comune di Teglio.
È una valle sospesa il cui solco ha inizio a quota m 1o52 della frazione Balestrieri, ma la sua fisionomia si delinea marcatamente solo ai m 1209 del paesino di Bondone.
Gemme della valle sono il lago di Selù (m 2264) e i suoi satelliti, di cui ne abbiamo contati una dozzina, ognuno con un diverso colore. L'insieme prende il nome di laghi di Cantarena.

Fino ai m 2000 la valle di Bondone è piuttosto cupa e incassata, per poi prendere il nome di valle di Cantarena e aprirsi su una serie di terrazzi pascolivi ultrapanoramici, perlopiù coperti da torbiere di alta montagna, interrotti da balze rocciose levigate dall'azione dei ghiacci.
La cima Tresciana è la più appariscente della valle, appuntina e dotata di una lunga cresta seghettata che digrada dall'edificio sommitale verso la val Bondone.
Salirla non è banale (III+) e passi molto esposti, ma le difficoltà si concentrano tutte nel passaggio dall'anticima alla vetta.

Al centro la cima Tresciana. Siamo saliti per la cresta alla sua dx.

Partenza: Bondone (m 1209).
Itinerario automobilistico: dalla rotonda alla fine della tangenziale di Sondrio (E), proseguire in direzione Tirano. Dopo 11km, in località San Giacomo di Teglio, prendere a dx e attraversare il fiume Adda, quindi seguire sempre per Carona. La strada sale tortuosa per 11,2 km finchè, sul tornante sinistrorso appena oltre il cartello della frazione Moia, si trova l'indicazione per Bondone e la valle di Bondone. Prendere così a dx la strada asfaltata per 1 km, quindi sterrata, che conduce al paesino. Parcheggiare nelle apposite aree di fronte alla chiesa (23,9 km da Sondrio).
Itinerario sintetico:   Bondone (m 1209) - alpe Cadì (m 2025) - baita Streppaséghel (m 2087) - alpe Cadì (m 2025) - lago di Cantarena  (m 2264) - cima Tresciana (m 2812) - baita Cantarena (m 2071) - baita Monte Basso (m 1562) - Bondone (m 1209).
Tempo previsto: 6:30 ore per l'intero giro + 3:30 ore per fare su e giù dal lago alla vetta.
Attrezzatura richiesta: da escursionismo (imbraco, 40 metri di corda e fettucce per la vetta).
Difficoltà/dislivello: 2 su 6, oltre 1300 metri. 4 su 6 la vetta.
Dettagli: EE. Escursione su sentieri segnalati da bandierine bianco-rosse, ma poco curati e spesso invasi dalla vegetazione che rende la traccia poco chiara. Alpinistica PD la vetta.
Mappe:
- Comunità Montana Valtellina di Sondrio, Cartografia Escursionistica, Foglio 3: Le Orobie: Aprica e Val Belviso, 1:30000; (toponimi e sentieri indicati talvolta imprecisi)

In lilla la variante per la cima Tresciana.


Che estate del cavolo, sempre brutto tempo. Ultimare le foto a corredo del prossimo numero della rivista è stata un'impresa. In particolare sabato mattina era il mio quinto tentativo di raggiungere la valle di Cantarena, ma arrivati a Bondone s'è scatenato l'inferno: pioggia a secchiate!
Così siamo tornati tutti a Montagna e ci siamo strafogati di polenta e luganeghe.
Pieni di cibo, vino e liquori, alle 15, motivati da un bel sole, abbiamo deciso di tornarvi e provare a fare le foto ai laghi di Cantarena al tramonto.
Così alle 1630 siamo in marcia da Bondone. Saliamo all'alpe Cadì per il sentiero "de li volti", quindi facciamo visita alla baita Streppa séghel, posta appena sul versante della val Malgina. Neanche a farlo apposta, vista la baita, sparisce tutto nella nebbia.
Che fare?
Non ne ho voglia di tornare a casa e tornar su domattina, così, dopo un lungo consulto, decidiamo di fermarci a Streppaseghel a dormire.
Siamo in 9, non abbiamo con noi nulla, neppure il cibo se non qualche rimasugio, convinti di che avremo fatto solo una passeggiata pomeridiana.
Per fortuna la baita è piuttosto accogliente seppur spartana.
Ci sono 3 reti e 4 materassi. Con un ponte d'assi tra 2 reti riusciamo a stendere tutti i materassi e incrociandoci testa contro testa a coricarci in 9 in 4 letti. Il camino non tira niente e dobbiamo stare vicini al pavimento o ci si affumicano i polmoni.
Tutto sommato la notte trascorre tranquilla, tra gente che russa con le narici irritate dal fumo, le gambe che vanno in formica per gli spazi angusti e un temporale potentissimo che imperversa all'esterno.
All'alba ci destiamo e torniamo sulla cresta spartiacque per far colazione al sole e con splendida vista sulle Alpi Retiche.
Un lungo traverso a mezza costa ci porta dall'alpe Cadì alle torbiere che precedono l'alpe Cantarena, da cui, seguendo il sentiero siamo presto al lago di Selù, il più grande dei laghi di Cantarena.
Pranziamo con le 4 cose rimaste negli zaini e il po' di provviste che mio papà, che nel frattempo ci ha raggiunto partendo da casa, ha portato con sé.
I laghi sono tutti belli, sia come colore che come collocamento in postazioni panoramiche.
La cima Tresciana è lassù in alto, sul lato orientale della valle, che coi suoi profili slanciati è tentatrice per chi ama l'alpinismo.
Così io, Caspoc e Andrea partiamo alla sua conquista, mentre gli altri si arrostiscono al sole sulle rive del lago.
Percorsa tutta la cresta O del monte, senza peraltro incontrare particolari difficoltà, quando siamo convinti di essere in cima, ci rendiamo conto che dal basso la vera vetta non si vedeva!
È davanti a noi oltre una breccia raggiungibile solo cavalcando una lama di roccia friabile ed espostissima.
Non ci possiamo tirare indietro.
Oltre la lama vi è una specie di porta tra la vetta e uno spuntone alla sua destra. La valichiamo e ci affacciamo a un canalino selvaggio e vertiginoso. Per fessure e cenge riusciamo ad aggirare il pilastro che costituisce la vetta fino ad arrivare a un canalino di roccia e roba marcia che ci guida a una breccia a pochi passi dalla vetta (IV-).
Che paesaggio. I laghetti sono lontani e paiono piccolissimi.
Per il rientro, una volta all'anticima seguiamo lo spartiacque con la val Caronella per un po' di su e giù, poi smontiamo a sx per un canale d'erba e sfasciumi che ci deposita sul fondovalle. Raggiunta la baita Cantarena, infine, divalliamo per la traccia segnalata che porta alle baite Monte Basso, dove intercettiamo la strada per Bondone.

Abbeveratoio all'abbandonata alpe Cadì.
Crocevia a Cadì: Bondone- Streppaseghel-Cantarena
L'uomo che prendeva il sole nei pressi dell'alpe Streppaseghel.
Notte a Streppaseghel.
Incroci di teste.

Il risveglio dei morti viventi: affumicati e infeltriti.
Fantastica colazione all'alba sullo spartiacque tra la val Bondone e la val Malgina.
Le torbiere di Cantarena. Sullo sfondo la vetta di Ron.
Squalo nel lago di Selù, il più grande dei laghi di Cantarena.
lago di Selù, il più grande dei laghi di Cantarena.
Il primo lago a S del lago Selù.
Il secondo, cordato di cuscinetti di muschio.
Lungo la cresta O della cima Tresciana. In lontananza il lago di Selù.
In vetta alla cima Tresciana.
La stretta cresta che collega cima e anticima.
La stretta cresta che collega cima e anticima.


domenica 17 agosto 2014

Punta meridionale della Corna Brutana (m 3050) - via del Grande Tetto

La punta meridionale della Corna Brutana vista dal lago di Rogenda.

Domenica abbiamo salito la punta meridionale della Corna Brutana forzando il punto più compatto della sua parete S. Ci avevamo già provato un mese e mezzo fa, ma al secondo tiro, dopo ore di ravanata sui passaggi difficili, ci eravamo arresi perchè il Caspoc' era in ritardissimo per il lavoro. 
È una via di arrampicata piuttosto impegnativa, sia su placca che strapiombini. Il nome che gli ho dato deriva dal fatto che al IV tiro si passa sotto a un grande tetto chiaro (dare il nome non vuol essere mettere un marchio di proprietà, ma solo un modo chiaro per identificare questa linea). Non so se si tratta di via nuova o meno, poco importa. Certo è che è stata una salita di soddisfazione in un'estate di m...onsoni in cui non si è riusciti a combinare un tubo!
La roccia è molto bella, anche se il freddo e il bagnato ci hanno complicato la vita. Sono 5 tiri lunghi (35-55m) in tutto, poi siamo saliti slegati a cercare genepì (ce n'era parecchio) fino in vetta! Non ho scattato nemmeno una foto tant'ero concentrato. Quelle che vedete ce le ha fatte Gioia dal basso, che assieme a Gloria ha portato il nuovo libro sulla vetta di Ron mentre noi tribolavamo in parete.

Per l'avvicinamento calcolate 2 ore e mezza da Mara, 5 ore per la via + la traversata delle cime della Brutana, 3 ore e mezza per il rientro.
Difficoltà 5+ su 6, alpinistica D+. Nulla di attrezzato.




La Corna Brutana dal lago di Rogneda.

Tracciato della via del grande tetto. Il tiro chiave è il II, con un passo di VI- a rimontare uno strapiombino di roccia scura e bagnata, proteggibile solo con ancoraggi ballerini.

Il bidé delle mucche.

Sul I tiro.

La via in dettaglio. Puntinate 2 varianti a cavallo della seconda sosta. I tratti verdi li si fa slegati.

Sul primo tiro. Sosta su cengia. Indicato anche il secondo tiro, il più duro della via con uno strapiombino seguito da un camino/fessura piuttosto impegnativi. Come il IV tiro presenta pochi appigli ed è difficile da proteggere.

Fuori pericolo, sulla cresta SSE a cercare genepì.