martedì 29 aprile 2014

Cima di Rosso (m 3366) e monte Rosso (m 3088) - pareti N


Cima di Vazzeda e cima di Rosso, versanti N, viste dalla bocchetta di val Bona.
La cima di Rosso è una montagna a dir poco bellissima che si alza tra la Valmalenco e la valle del Forno con la sua vertiginosa parete N che, quando in condizione, si presta a una divertente discesa di sci ripido (max 50° - 450 metri). Questa stessa parete d'estate si smagrisce e si impenna, offrendo una difficile salita su ghiaccio.
A N della cima di Rosso c'è il monte Rosso, vetta granitica minore e snobbata, ma che anch'essa riserva una bella sciata ripida sul versante N (max 50° - 150 m).
Entrambe le pareti, dopo il ripidume iniziale, si adagiano e accompagnano fino al fondovalle senza particolari problemi.
Oggi, io, Roby Ganassa e il Caspoc', siamo partiti da Chiareggio senza idea di dove andare, per poi piegare su cima e monte di Rosso al sopraggiungere delle nuvole che ci hanno costretto a scegliere l'itinerario più breve (che comunque è stato lunghissimo con oltre 2600 metri di dislivello positivo) e che non ci costringesse a vagare come anime dannate tra le nebbie incombenti nel gigantesco bacino del Forno.


In rosso la traccia di salita e in verde quella di discesa.

Partenza: Chiareggio - pian del Lupo (m 1630).
Itinerario automobilistico: da Sondrio si prende la SP15 della Valmalenco. Arrivati a Chiesa in Valmalenco (12 km) si prosegue per il ramo occidentale della valle fino a Chiareggio (10 km). Oltre il paese si scende al pian del Lupo, nell’ampio greto del torrente Mallero, dove si lascia l’auto.

Itinerario sintetico: pian del Lupo (m 1630) - alpe Vazzeda inferiore (m 1835) - alpe Vazzeda superiore (m 2021) -  passo di val Bona (m 2946) - circo glaciale tra monte e cima di Rosso - ghiacciaio del Forno (m 2500) - cima di Rosso (m 3366) per il versante SO - discesa per la parete N - circo glaciale tra monte e cima di Rosso  (m 2650 ca.) - monte Rosso (m 3088) per il versante S - discesa per il versante N - val Bona - alpe Vazzeda superiore (m 2021) - pian del Lupo (m 1630).
Tempo  previsto: 10-14 ore a seconda delle condizioni della neve. 
Attrezzatura richiesta: attrezzatura da scialpinismo e kit antivalanga, casco, corda, imbraco, piccozza e ramponi.
Difficoltà/dislivello: 5- su 6 / oltre 2600 m.
Dettagli: OSA+/PD. In salita basta solo prestare attenzione a che i crepacci siano chiusi. Un po' esposte le creste finali per le due vette. Le due pareti N presentano pendenze che toccano i 50° . Occorre, ovviamente, neve ben assestata - ma non ghiacciata - per scendere con gli sci in tutta tranquillità. Ovviamente le difficoltà sono segnalate in base alle condizioni che abbiamo incontrato, a dir poco ottime. 5- è assegnato specialmente per il dislivello tale da sfiancare lo sciatore prima dell'ultima discesa.

Mappe:
- CNS 1:25000 fogli n. 1276 (Val Bregaglia) + n. 1296 (Sciora);
- CNS 1:50000 fogli n. 278 (Monte Disgrazia) + n. 268 (Julierpass);
- Kompass 1:50000 fogli n. 92 (Chiavenna, val Bregaglia) + n. 93 (Bernina).


Alle 5:30 già rischiara e noi partiamo sci ai piedi da Chiareggio. Il cielo è tutto stellato, alla faccia delle previsioni che mettevano per oggi solo una brevissima finestra di bel tempo incastrata tra due ondate perturbate.
Non abbiamo alcuna meta precisa, anzi vogliamo fare una gita di perlustrazione in vista di qualche bella discesa futura con tempo più stabile.
La neve nel bosco è gelata e scivolosissima, così saliamo tutto di braccia fino a Vazzeda inferiore perchè le pelli non tengono nulla.
Qui è scesa una valanga gigantesca il cui spostamento d'aria ha spezzato o sradicato moltissimi alberi e fatto piazza pulita tutt'intorno all'alveo del torrente.
Zigzaghiamo così lungo l'alveo, per spostarci a dx e rimontare i pendii sopra l'alpe Vazzeda superiore.
La neve migliora ed è un po' più ruvida. Puntiamo alla base della cresta orientale della cima di val Bona, una gigante piramide di granito. Il vento e le nebbia danzano sulle vette.
A m 2550 pieghiamo a dx e entriamo a mezza costa nella val Bona con un lungo traverso.
Che fatica e che mal di caviglie! Qui è caduta molta neve fresca.
Il monte del Forno e il monte dell'Oro trasudano nebbie dense in uno scenario quasi surreale.
Il sole ci scalda le schiene e bilancia il freddo del vento insistente. Questa miscela di agenti atmosferici ci incolla uno spesso zoccolo di neve sotto gli sci. Neppure sciolinare le pelli ci è d'aiuto.
Come carcerati con le palle ai piedi raggiungiamo faticosamente il passo di val Bona (m 2946, ore 3), sella alla base della cresta orientale della cima di Rosso.
La vista sul ghiacciaio del Forno e tutta la dentatura di montagne che lo circonda è fantastica.
Di fronte a noi c'è la N della cima di Rosso, famoso pendio per lo sci ripido.
È carico di 60 cm di neve fresca, alla sua destra, dall'altra parte della valle, una distesa di vette, canali e anfratti.
La luce radente esalta le forme e una leggera velatura all'orizzonte accentua il senso di distanza e affila i profili delle montagne.
Un paradiso.
Che facciamo?
Conveniamo di non salire la N della cima di Rosso perchè troppo pericolosa per le valanghe in agguato, scegliamo quindi di portarci alla base dei pizzi Torrone e poi decidere.
Il brutto tempo pare lontano dal concretizzarsi.
Al passo il Caspoc' ci delizia con un super salto da un alto blocco di granito.
Foto bellissime, ma nell'atterraggio gli esplode una talloniera.
Perdiamo una mezz'ora buona per ripararla, ma non c'è verso.
Scherzando gli dico che non può essere così merdaccia da non riuscire a sciare in telemark: anche io ero stato costretto in una gita assieme a farmi 2400 metri in discesa dalla cima di Castello a San Martino Valmasino con lo stesso problema!
Si parte per sciare il circo tra la cima e il monte Rosso.
Neve superba, quasi troppa. Disegniamo curve in una nuvola di farina.
Raggiungiamo il bacino del Forno a circa m 2500, quindi ripelliamo e ci portiamo alla base dei pizzi Torrone.
Vediamo un paio di linee assolutamente da fare, ma sappiamo che battere a piedi in salita con tutta quella neve ci richiederebbe molto tempo.
"E se arriva il brutto ? Rischieremmo di non combinare nulla!"
Inoltre senza poter bloccare lo scarpone allo sci sarebbe un azzardo lanciarsi giù da una via nuova, così, potendo anche sfruttare in parte la traccia fatta da dei tedeschi andati al passo Sissone, puntiamo alla cima di Rosso compiendo un ampio arco sul ghiacciaio dapprima verso E, quindi verso N. Caspoc' ha già sceso la N solo qualche giorno fa, in mattinata da Chiareggio che alle 14 iniziava il turno in fabbrica, per cui l'ha bene in mente.
Ogni inversione aumentano le nuvole.
Aumento il passo.
Aumentano le nuvole.
Aumento il passo.
Scendono i tedeschi del passo, zeppi di attrezzatura e patetiche viti da ghiaccio. Fanno ridere: sono così spaventati che stanno sulla traccia di salita.
Quando capisco che l'hanno distrutta tutta e quindi dovrò ribatterla, mi risultano molto meno simpatici!
Le nebbie hanno conquistato la vetta del Cengalo che timidamente sbuca in lontananza.
Siamo alla base della cima di Rosso, dove il gioco si fa ripido.
Le nebbie sono sulla cima di Castello.
Pare un conto alla rovescia.
Dobbiamo fare in fretta o ci salta anche la discesa dalla N: un suicidio senza visibilità.
Un ultimo colpo di reni con serpentine sempre più strette e montiamo sulla sella (m 3300 ca., ore 3) a O della cima di Rosso, apice della parete ghiacciata e cancelletto di partenza per la discesa con gli sci.
Leviamo subito le pelli evitando la cima che abbiamo già fatto tante volte in tutte le stagioni (con una rampa si arriverebbe all'anticima meridionale, da cui una brevissima cresta un po' esposta regala il punto culminante).
Le nuvole hanno nascosto sia Disgrazia che cima di Castello.
Siamo agli sgoccioli.
Con una fettuccia, un velcro e qualche giro di nastro americano blocchiamo lo scarpone del Caspoc' allo sci e giù a tutta.
Ci vuole una qualche penalità per il Caspoc' che altrimenti è troppo più forte di noi a sciare!!
La neve è lentissima, la discesa si preannuncia molto facile a parte il pericolo alto di distacchi.
All'ingresso non si vede cosa c'è sotto, ma è l'unico punto inquietante.
5 curve e parte una grossa valanga di neve soffice staccata dal Caspoc' bonifica il pendio e riempie in fondovalle.
Ora siamo più tranquilli. Si vede anche tutta la pala fino in fondo, sempre meno ripida.
Non ho messo la sciolina sotto gli sci e lo zoccolo di ghiaccio che mi si è formato sulla soletta non li fa scivolare!
Ad ogni curva mi impunto, che palle!
Riassumendo: entriamo sulla sx (O). È il pezzo più ripido, attorno ai 50°, poi scema sui 40-45°. All'altezza del seracco centrale ci portiamo a dx e poi facciamo traccia libera nella parte bassa, attenti al crepaccio terminale non chiuso perfettamente in alcuni punti.
Meno di 10 minuti e siamo seduti a m 2650 nella conca tra la cima di Rosso e monte Rosso a pranzare e ammirare la parete appena scesa. Sinceramente me l'aspettavo più impegnativa e lunga: come quasi sempre accade per gli itinerari molto frequentati le difficoltà vengono un po' sovrastimate.
Ripelliamo e zigzaghiamo sudando 7 camice su per il pendio meridionale del monte Rosso, guadagnandone l'aerea cresta S a 30 metri dalla vetta (m 3088, ore 1:15). Ogni mezzo minuto le valanghe scandiscono l'orario.
Siamo sfiniti, le bevande son finite e mangiamo neve. 
La N del monte Rosso, molto meno famosa, ha più o meno le stesse pendenze della N della cima di Rosso, ma il tratto ripido è decisamente più breve (circa 150 metri di dislivello), anche se più stretto.
La neve è bagnatissima. Il tempo è tornato bello dopo una pausa di nebbie che ci avrebbe impedito di fare la N della cima di Rosso.
Caspoc' si lancia giù per la parete. Partono valanghe bagnate ad ogni curva da cui con abilità si divincola.
Quand'è il mio turno il pendio è diventato tutto pieno di rigole e la neve di fondo  è molto dura, come le mie gambe che non rispondono più.
Vado continuamente alla ricerca di tratti non rovinati, ma ogni volta che li tocco scendono scariche.
Ritrovata la traccia di salita, su neve fradicia, la seguiamo fino a Chiareggio dove rientriamo stanchi morti dopo circa 11 ore in luoghi fantastici.

La traccia di salita da Vazzeda al passo di val Bona e quella di discesa dal monte Rosso in verde.
Alba e valanga a Vazzeda inferiore.
Lo spigolo Gervasutti (E) della cima di val Bona fa da spartiacque tra i ciatté di Vazzeda e la val Bona.
Il monte del Forno fa Capolino tra le nebbie.
Verso il passo di val Bona, sullo sfondo il monte del Forno e il monte dell'Oro da cui tracimano le nubi.
Saltino...
Con incrocio...
Polvere? Sullo sfondo cima di Vazzeda e cima di Rosso.

In parallelo.
Ricami sulla neve.
Sciando ai piedi della N della cima di Rosso.
Dei puntini nel gigantesco bacino del Forno. Sullo sfondo la pala rocciosa della cima di Castello.
Salendo verso i pizzi Torrone.
Torrone Orientale e Centrale dai pressi del passo Sissone.
La traccia per la cima di Rossi dai pressi del passo Sissone.
Sguardo verso il monte Sissone e i pizzi Torrone dall'ingresso della N della cima di Rosso.
In discesa sulla N della cima di Rosso. Ce la farà a scappare dalla valanga?
La N della cima di Rosso e la testata della valle del Forno dal monte Rosso.
La linea di discesa dalla N della cima di Rosso dal del monte Rosso. Si noti in alto il punto di distacco della valanga partita sotto i nostri sci.
La traccia di salita per il monte Rosso vista dal ghiacciaio del Forno.
Io e il Caspoc' in vetta al monte Rosso visti dal passo di val Bona.
Questa volta ho scelto il pigiama bordeaux, più adatto alla neve bagnata...
Sulla N del monte Rosso.
Sulla N del monte Rosso in fuga dalla valanga.
La N della monte Rosso vista dalla val Bona. La stretta vallecola sulla sx è quella per il passo di val Bona (novembre 2009).
Monte Rosso - versante N dalla val Bona.


Nessun commento:

Posta un commento