lunedì 31 marzo 2014

Dalla val Masino alla val Bregaglia passando per la val Codera e Il Cantaccio (m 2799)

Due giorni fuori dal mondo in luoghi fantastici e remoti, senza telefonini o diavolerie tecnologiche, con solo i nostri sci e qualche provvista . Così io e Gioia abbiamo deciso di trascorrere gli ultimi 2 giorni di marzo ingaggiandoci in una lunga traversata di vallate che perlopiù non conoscevamo: siamo partiti con gli sci dai Bagni di Masino e, dopo esser scesi per valle dell'Averta, abbiamo pernottato nell'invernale del rifugio Brasca in val Codera.
Il giorno seguente abbiamo risalito la val Codera fino alla bocchetta della Teggiola (da cui mi sono preso anche un'ora di libertà per andare in vetta a Il Cantaccio). Sciati gli strepitosi pendii di neve polverosa della valle della Casnaggina fino ai maggenghi di Villa di Chiavenna, abbiamo spallato lungamente per trovarci nel fondovalle all'altezza di Villa di Chiavenna.
Per chiudere l'anello, infine, ci siamo avvalsi dei mezzi pubblici che comodamente ci hanno riportato a Sondrio.
In discesa dal passo dell'Oro verso la val d'Averta.

Partenza: Bagni del Màsino (m 1163).
Itinerario automobilistico: da Morbegno seguire la SS 38 verso Sondrio. Appena attraversato il ponte sul Màsino, svoltare a sx all’altezza di Ardenno (5 km a E di Morbegno) e seguire la SP9 della val Màsino fino al suo termine: i Bagni del Màsino (2 km oltre l'abitato di S. Martino). Poco prima dell'impianto termale vi è uno spiazzo sterrato in cui si può lasciare l'auto.
Itinerario sintetico: Bagni del Màsino (m 1163) -  rifugio Omio (m 2128) - passo dell'Oro (m 2526) - valle dell'Averta - rifugio Brasca (m 1304) - Coeder - alpe Sivigia (m 1920) -  Il Cantaccio (m 2799) - bocchetta della Tegiola (m 2490 - Teggiola su CTR) - Foppate (m 1387) - Tabiadascio (m 1190) - San Barnaba (m 673) - Villa di Chiavenna (m 647).
Tempo per l'intero giro: 2 giorni (6+8 ore).
Attrezzatura richiesta: attrezzatura da scialpinismo, ramponi e piccozza, kit antivanaga.
Difficoltà/dislivello in salita: 4- su 6 / 1400 m +  1600 m.
Dettagli: OSA.  Bellissima gita di scialpinismo esplorativo attraverso ambienti selvaggi e isolati, un po' ripido l'ultimo tratto per il Cantaccio (circa 45°), altrimenti non si superano i 40°. Occorre ottimo orientamento, capacità di valutazione dei pendii e dei tracciati migliori, oltre che, naturalmente, neve perfettamente assestata.
Mappa: val Màsino, 1:30000 + CNS  n.268 e n.278, 1:50000


GIORNO 1 - domenica 30 marzo 2014 -  Bagni di Masino - rifugio Brasca
CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il copyright. Per visualizzarla online. 
Dopo una parca colazione alle 5 alla Brace attorniati da baldi giovanotti stremati dalle significative prestazioni alcoliche del sabato sera e sognanti il letargo domenicale, ci vestiamo al parcheggio dei Bagni alla luce dei frontalini e via subito con gli sci ai piedi. In realtà il parcheggio è ridotto a una piazzola giusto sufficiente per incastrarci il Panda. Tutt'attorno neve copiosa e bagnaticcia.
Stiamo sulla sx idrografica del Masino, senza attraversare lo stabilimento termale, e costeggiando il torrente siamo alla radura dalla quale si ammira la valle del Ligoncio e tutta la corona di monti che presto andremo a sfiorare.
Quante neve!
Insistiamo nel fondovalle dapprima a ONO, poi O, quindi SO lungo quella traccia estiva che, se non la si conosce bene, sarebbe impresa ardua trovare.
Il valangone che s'abbatte dalle pendici di Calvo e Medaccio ha già colmato la valle ed è stato levigato dalle ultime nevicate e indurito dalla serenata notturna. Morale della favola: la vallecola è liscia come un biliardo e comodamente inanelliamo una rapida e fitta serie di inversioni che ci portano a m 1580 ca., dove pieghiamo a dx in un boschetto di larici sospeso che ci accompagna , oltre una serie di vallette, nel centro dell'anfiteratro. Traversiamo decisi in direzione N puntando alla Omio.
Chi fosse miope potrebbe prendere di mira il dente roccioso della punta Milano, inconfondibile emergenza di granito che segna anche il passo dell'Oro.
Muniti di rampanti, graffiamo la crosta indurita dal rigelo e, con pendenza costante, valichiamo varie vallecole allitteranti che offrono ognuna una porzione di vista sul gruppo del Ligoncio.
Gioia ha gli sci nuovi, i Polvere della Skitrab, gli scarponi nuovi (i 4 ganci de La Sportiva), gli attacchi nuovi (TR2), bastoncini nuovi della Skitrab e sta testando le nuove pelli senza colla. Una follia direte voi. Come si può partire per una gita del genere con attrezzatura mai provata prima?
In realtà ieri pomeriggio siamo stati sul monte delle Scale dal lago delle Scale, facendo 600 metri di bei pendii che ci hanno rassicurato che fino a 2 ore di salita tutto funziona!
Anche io ho preso le pelli senza colla, e per ora va tutto alla grande.
Gli sci di Gioia sono larghi, e, visto che lei è alla terza uscita questa stagione preferendo lo studio al divertimento, facciamo cambio: le do i miei Maestro, facilissimi e leggerissimi in salita, e mi esercito un po' a fare i traversi gelati coi suoi larghi.
Del resto, quando si va in giro, in due l'unico successo è quando ci si gode entrambi la gita, per cui finché uno ne ha d'avanzo deve aiutare in tutti modi l'altro e alleggerirlo.
La mia spalla destra, a questo pensiero magnanimo, mi manda a cagare perchè il peso dello zaino la sta oltremodo provando.
Tra questo ed altri pensieri la gita scorre serena, baciata ora anche dai raggi del sole che riscaldano l'aria tersa del mattino.
Troviamo la Omio (m 2100, ore 3:30) sotterrata dalla neve.
La rotta è davvero evidente e in un'oretta siamo ai piedi della punta Milano. Qui ci sono due possibilità: la sella di dx o quella di sx. Noi prendiamo l'ultima, che ci risparmia ben 20 metri di dislivello ora che il sole ci azzanna i polpacci!
Siamo al passo dell'Oro (m 2526, ore 1:15) e sotto i nostri sci si apre la valle d'Averta, laterale della val Codera. È un vero salto nel vuoto perchè giù di qui non mi sono mai spinto con le assi. Chissà dov'è il passaggio. I sentieri estivi d'inverno spesso non sono percorribili e bisogna inventarsi una via.
Ci buttiamo giù, osservati dai dirimpettai monte Gruf e monte Conco. Gioia torna coi suoi sci larghi e si diverte a far curvoni.
Fino a 2200 la neve è bellissima, poi, nella zona più aperta della valle diventa crosta. Siamo nel mezzo di un gigantesco anfiteatro dominato dai pizzi dell'Oro e dal Barbacan. Tutto converge a m 1900 ca. in un claustrofobico canyon.
Si passerà?
La rischiamo e ci immergiamo nel corridoio, una trappola in caso di distacchi. Qui la neve torna polverosa, alternando però tratti con grossi blocchi di valanghe da evitare.
A m 1600 c'è pure una cascata gonfia di acqua che disegna un bel arcobaleno, ma il terrore che dietro all'acqua prima o poi arrivi una valanga, mi fa desistere dal fotografarla.
Il canyon termina a m 1500, e nel letto del torrente ci abbassiamo su neve fradicia fino ad incrociare la strada della val Codera proprio di fronte allo sbocco della valle Piana.
Qui mangiamo, per poi ripellare e dirigerci al bivacco Pedroni. Giovanni, che ieri è stato al Porcellizzo, mi ha girato le foto. La scatola rossa emerge dalla neve, per cui non avremo problemi a trovarla. Inoltre questa notizia ci ha permesso di lasciare a casa i materassini e i sacchi a pelo pesanti, in quanto avremo un riparo garantito e asciutto.
Sono le 13 e il caldo è davvero insopportabile. Incontriamo anche un alpinista solitario e senza sci che sta battendo ritirata da dove noi stiamo salendo. Mai avrei scommesso di trovare qualcuno in alta val Codera in questa stagione!
In fondo al pianone, mentre il sentiero estivo passa su una dorsale che divide due vallecole, la via più logica pare il canale di dx, la sta venendo giù roba da tutte le parti, per cui battiamo ritirata e andiamo al Brasca, dove ci mettiamo in mutande e ci gustiamo tutto il sole del pomeriggio.
La scelta si rivela ottima, perchè riusciamo a fare asciugare tutti i vestiti e anche gli scarponi, oltre che a godere della comodità della vicina fontana che sgorga acqua fresca (su al Pedroni avremmo dovuto sciogliere neve per ogni nostra esigenza).
Cenato con minestrone liofilizzato, andiamo a dormire presto nella comoda  struttura in legno con una decina di letti situata 20 metri a S del rifugio, perchè domani c'è la levataccia!

GIORNO 2 - lunedì 31 marzo 2014 -   rifugio Brasca - Il Cantaccio - Villa di Chiavenna


CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il copyright. Per visualizzarla online. 

Sveglia alle 5, colazione con tè caldo e quel che troviamo nel sacchetto del cibo, dai savoiardi sbriciolati, al salame di capra del Crapella, al mango disidratato, al pane secco intriso di succo d'arancia schiacciata. Dopo 24 ore in montagna, vi assicuro, tutto ciò che è commestibile diventa appetibile!
Risaliamo tutto il lungo pianone già tracciato ieri. Però 12 ore fa sembrava più corto!
Ai piedi del canale (m 1700 ca.), ci armiamo da guerra con ramponi, corda e piccozza. Se l'alpinista solitario è tornato indietro ci sarà sicuramente un motivo!
La neve non porta, così ad ogni passo vado giù fino oltre il ginocchio. La pendenza cresce fino ai 45°, ma la paura non è tanto quella di cadere, quanto quella di annegare.
Dopo 70 metri non ci son più altre tracce, dopo 150 metri di sofferenza il solco spiana. Mettiam via corda e piccozza che sono state quanto mai superflue. Torniamo soli, isolati e accompagnati da qualche gruppo di camoscio che scorazza alla ricerca d ciuffi d'eba che emergono dai versanti svalangati.
Usciti dal solco e pieghiamo a sx  (NO) su neve crostosa e non portante. A tratti è tutto gelato. Attraversato un primo vallone lisciato dalle valanghe, passiamo nei pressi dell'alpe Sivigia, irriconoscibile. Segue una seconda comba i cui fianchi sono piuttosto scoscesi. Sempre a piedi ci issiamo su per il vallone della Teggiola, dove provvidenziali recenti valanghe hanno compattato il fondo e ci fanno galleggiare fino a m 2100. Poi arriva il sole che scalda e ci punisce rompendo i legami tra le molecole di acqua.
Rimettiamo gli sci per non annegare e raggiungiamo la conca ai piedi della bocchetta e del circo racchiuso tra i pizzi dei Vanni ed Il Cantaccio.
Gioia è stanca, così la lascio ad arrostire al sole su una chiazza d'erba con tanto di sassi a mo' di sdraio. Io mi addentro (NO) toccando tre conche poste su altrettanti livelli, poi punto a dx (S) e guadagno la spalla SO de Il Cantaccio. I pendii sono piuttosto sostenuti e la neve è gelata.
Per cresta, con gli sci nello zaino e facendo attenzione a cornici e  precipizi, tocco la vetta, segnalata con un esile bastone di legno (Il Cantaccio, m 2799, ore 4 - 5).
Una spaccata (II+), a 3 metri dalla sommità e con vista sulla O del Badile, merita una nota di terrore.
Il panorama è stupendo, specialmente sullo scuro versante occidentale del Badile e sull'alta val Codera, dove studio tutte le possibili vie di discesa per future avventure. Pure la bocchetta della Trubinasca pare sciabile su entrambi i versanti, quando d'estate lì sono roccette e catene a farla da padrone.
Tornato a valle della breccia, inforco subito le assi e mi butto giù per il pendio, raggiungendo Gioia in pochi minuti.
Il caldo ora ci attanaglia. Sono piuttosto sfiduciato: ho paura di trovare neve pessima nella discesa verso Villa di Chiavenna.
Ripelliamo, e le pelli senza colla si dimostrano valide compagne che non fanno mai i capricci. Puoi metterle  e toglierle quante volte vuoi, asciutte o bagnate,  tengono sempre!
100 metri di sudore intenso e siamo alla bocchetta della Teggiola (m 2490, ore 0:20, stretta finestra tra le cime del Vallon e la cima della Teggiola.
Varcato lo spartiacque sembra di aver aperto la porta del freezer.
La neve è ora farinosa. Giù a tutta per i pendii. Un primo tratto ripido chiuso tra le rocce, anticipa il larghissimo anfiteatro superiore della val Casnaggina. Poi di nuovo dentro un canale di neve polverosa fino a m 1600. Siano stupiti dall'aver trovato condizioni così buone e felicissimi per la grandiosa sciata.
Iniziamo a virare a NO per raggiungere con qualche peripezia attraverso il fitto bosco gli alpeggi di Foppate e di Tabiadascio (m 1190), già riconoscibili dalla bocchetta della Teggiola. Dai tetti cola acqua di scioglimento: ne approfittiamo per bere. Ventiliamo l'ipotesi di stare in giro ancora un giorno, fermandoci qui a dormire sul terrazzo di qualche baita - ma devo dare da mangiare alle capre...
Poco più in basso la neve diminuisce, ma ci permette di sciare lungo la carrozzabile fino a circa m 1000.
Ora non ci sono più speranze. Leviamo gli sci e gli scarponi, calziamo le scarpe da ginnastica e caliamo lungo il bellissimo sentiero scalinato puntinato di alpeggi, voltandoci di tanto in tanto ad ammirare la val Casnaggina appena scesa. Il mio zaino si è sventrato, così prendo quello di Gioia e ci carico entrambe le paia di sci e di scarponi. Quanto pesa!
Approdiamo alla diga di Villa, quindi sulla strada dello Spluga che prendiamo in direzione Chiavenna.
La prima fermata dell'autobus riporta solo gli orari sconfortanti della linea italiana.
Una corsa ogni morte di Papa, per cui ci avviamo a piedi verso la capitale della valle.
Nel centro di Villa ecco una seconda fermata, coperta anche dal Postale svizzero che in 5 minuti ci carica.
Velocemente siamo a Chiavenna, dove subito parte la coincidenza per Sondrio, che raggiungiamo alle 20:30. Spesa totale 7 euro e spiccioli a testa.
Lodevole la velocità delle coincidenza, ma noi che stavamo morendo di arsura, non siamo riusciti neppure a bere da Villa fino a Sondrio!
Sondrio, stazione di Sondrio: nemmeno una cabina del telefono, così Gioia va a casa dell'amica Laura, dove suo marito Lele si offre di scarrozzarci a Montagna.
Lì rubiamo la macchina a mio papà e torniamo ai Bagni a raccattare il Panda, ma non prima di aver mangiato una calorica pizza con kebab ad Ardenno, dato che il lunedì non troviamo nessun ristorante italiano aperto lungo la strada per strafogarci con la pasta.
Giornata lunga, ma a mezzanotte siamo già sotto le coperte sognando di non aver trovato il modo di tornare a casa e così di esser tristemente (!?!) condannati a sciare su neve polverosa e immersi in scenari da favola per ancora un altro giorno!


Dai Bagni alla Omio, quindi verso il passo dell'Oro. Foto scattata dalla val Sione.

Sulla valanga del Medaccio.
Alta valle dell'Oro. 
In val d'Averta, sciando ai piedi della punta Milano.
Valle d'Averta, a sx il Barbacan, a destra il pizzo dell'Oro Settentrionale, al centro la punta Milano.
I dirimpettai monte Gruf e la lunghissima valle Piana.
Ai piedi del pizzo dell'Oro Settentrionale.
Linea di discesa in val d'Averta: giù per il canyon.
Nel canyon cercando "da fa la fin del rat".
Uno spalatore libera il sentiero per la fontana combattendo con i migliori vestiti contro il freddo polare della val Codera.
Lavanderia alpina. 
Il rifugio Brasca. L'invernale è quel fabbricato di legno sulla dx
I Maestro van bene non solo con neve polverosa, ma anche per la preparazione di una sbobba gustosissima.
Gnam gnam.
Coeder e la val d'Arnasca. Si vedono le imponenti pareti N di Sfinge e Ligoncio, detto non a caso Lis d'Arnasca.
La traccia per la bocchetta della Teggiola alle prime luci del mattino.
Il canale in fondo al pianone. Neve pessima.
La valle che sale alla bocchetta delle Teggiola.
Il versante NO del Badile da Il Cantaccio.
Dalla vetta del Cantaccio verso O.
Linea di salita al Cantaccio dalla bocchetta della Teggiola. Il toponimo è Tegiola su CNS e Teggiola su CTR. Scegliete voi quello che vi piace di più. Il nome deriva dall'alpeggio sottostante e sta ad indicare "tetto".
Bocchetta della Teggiola, versante S.
Cantaccio dalla bocchetta della Teggiola.
Discesa dalla bocchetta della Teggiola, si noti la bizzarra finestra di roccia sulla dx.
Giù per la val Casnaggina.
Polvere.
Polvere...
Si vedono gli alpeggi di Foppate e Tabiadascio (ho sbagliato a scrivere in foto) in lontananza. 
Ma si vorrebbe tornar su alla bocchetta per rifare la sciata!
Neve super giù nel solco centrale, specialmente sulla sponda rivolta ad E.
Entriamo nel rado lariceto e c'è ancora polvere!
A m 1600 la neve non manca. 
Tabiadascio.
Tabiadascio e, a sx, la val Casnaggina. 
Finisce la neve e lo zaino si fa pesante.
Le scalinate che portano a San Barnaba.



1 commento:

  1. Val Codera fatata ed appartata. Museo all'aperto della più rude ruralità. Monti sdegnosi di te e di chiunque, che non ti amano ma che tu potrai trovarti ad amare. Perdonatemi, ragazzi, una simile eruttazione romantica ma, a parte ciò, sono veramente entusiasta della vostra attività fisica, informativa, telematica e, che ne siate consapevoli o meno, soprattutto celebrativa di questa parte di Lombardia che, per la varietà dei suoi ambienti, non è seconda a nessun'altra parte montana del pianeta. Saluti ed incoraggiamenti da un vecchio viandante. In PANORAMIO mi chiamo Panoramator Scan.

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