giovedì 6 febbraio 2014

Corna di Mara (m 2807)

Dalla croce di vetta della Corna di Mara. Si noti a sx la cornice che è precipitata sulla N.
Questa vetta [...] sembra da qualche tempo dimenticata dall’alpinista. Eppure, ora che l’ho 
salita, sono convinto che molti, i quali hanno superato ben altre cime, non potrebbero trattenersi 
dall’ammirare il panorama che si scorge dalla Corna Mara quantunque essa non si elevi che a 2831 m. Da Sondrio alla cima abbiamo impiegato 7 ore.” ( Bruno Galli-Valerio, La Corna Mara, “La Valtellina” n. 41, 11 ottobre 1890).


A tratto intero la salita, tratteggiata la discesa.
È una gita di scialpinismo davvero simpatica sulle montagne di Montagna, sulla cima più amata e frequentata del mio paese. Oggi, in una tregua tra due ondate perturbate, ci sono salito con Giovanni e col Caspoc' per la lunga dorsale S che nell'ultimo tratto s'innesta sulla più aerea cresta O. In discesa abbiamo preso un divertente canalino che dalla vetta s'abbassa ripido per 200 metri (35°) verso S fino alla conca sottostante.
Il bollettino valanghe prediceva morte e distruzione, ma sul posto abbiamo capito che dai versanti S non si sarebbe mosso quasi niente, poichè gli accumuli pericolosi stavano tutti a N, dove i boati erano continui.
Siamo partiti con neve bella gelata dai m 1250 di Scessa, abbiamo goduto una sciata fantastica nella parte alta, ma al rientro sotto i m 1800 la neve s'era trasformata in fango e ci ha richiesto molta fatica per portare a casa entrambe le gambe.



Partenza: Scessa (m 1250).
Itinerario automobilistico: da Sondrio prendere la strada Panoramica per Teglio (SP21). Al semaforo in località Pace si svolta a sx e si raggiunge il centro di Montagna. Dal municipio seguire per Santa Maria, quindi per l'alpe Mara, fino a dove si incontra la neve. Per noi è stato Scessa il capolinea.
Itinerario sintetico: Scessa (m 1250) - Daun Cian - Beduiè - Studegarda - Cavalinna - quota m 2565 - Corna di Mara (m 2807) - discesa per canale S - quota m 2565 - casìnna de Mara - alpe Mara - Studegarda - Beduié. 
Difficoltà/dislivello in salita: 3+ su 6 / oltre 1650 m.
Tempo previsto: 5 ore per la salita.
Attrezzatura richiesta: da scialpinismo, rampanti, kit antivalanga, ramponi e piccozza potrebbero tornare utili.
Dettagli: OSA. Pendenze fino a 35°. L'ultimo tratto è da affrontarsi solo con neve assestata!

Con Giovanni arrivo a Scessa (m 1250) che è ancora notte. Strada gelata e una retro troppo decisa per parcheggiare che ci fa quasi rotolar giù per i prati.
Tagliamo per le pasture il primo tornante, poi un secondo, e al terzo troviamo la mulattiera pianeggiante sulla sx che attraversa il Davaglione e ci porta per fitto bosco a Daun Cian, che alcuni cartelli riportano stupidamente italianizzato.
Iniziano prati ampi e saliamo costeggiando le baite di Beduiè e quelle di Studegarda, al limite del bosco. La neve è tanta; insistiamo verso N attraversando il bosco di alberi bassi, così a causa di un vasto incendio che aveva incenerito il versante fino ai roccioni a oltre m 2000 che si vedono in alto.
Inversione su inversione, ora baciati dal sole e raggiunti dal Caspocc che è partito più tardi, approdiamo al casèl de l'acqua a m 1950, posto proprio sul filo del crinale che proviene da Carnale. Continuiamo sullo spartiacque tra la conca di Mara e la val di Togno fino ad uscire dal limite della vegetazione e rimontare il dosso che ci porta alla ciana di Cavai (m 2264), appena sopra al rifugio Gugiatti-Sartorelli.
Iniziamo a notare che la neve sui versanti sud è stata spazzata via dal vento che l'ha accumulata altrove.
Sempre con prudenza teniamo il filo, ora più ripido, per evitare gli accumuli e le cornici alla nostra sx. A tratti faticando a causa della neve dura, siamo sul testone di quota m 2565, da cui la vista si apre sulla conca ai piedi della cima. Giovanni spella e scende a valle che ha un appuntamento. Io e il Caspoc mangiamo con calma e ripartiamo per la vetta, protetta da ripidi costoni che d'estate sono d'erba visega, perciò d'inverno non sono sicuri per le valanghe che vi scivolan sopra con facilità. Guadagniamo la cresta O del monte scendendo nella conca, quindi piegando decisamente a O per rimontare il pendio che ci separa dalla cresta dove questo è più breve e meno inclinato.
La neve è molto dura e ricoperta da pochi centimetri ci fresca, così perdiamo spesso l'aderenza delle lame. Gli ultimi 200 metri sono un calvario, un continuo mettere e togliere gli sci per la presenza di tratti ripidissimi sulla cresta o cornici che il mio amico Caspoc' tocca talvolta indelicatamente e fa precipitare in val di Togno. Queste quando cadono fanno vibrare anche il nostro versante, o vi aprono delle crepe che ci fanno un po' spaventare.
Il paesaggio è incredibile: tutti i monti vicini e lontani sono ammantati da una spessa coltre di neve. Il cielo è terso e solo di tanto in tanto qualche nuvoletta stiracchiata ne interrompe la regolarità. Verso il basso la vista del fondovalle ci è spesso preclusa da nuvoloni e nebbie che si contorcono tra gli abeti.
Sono stanco morto per il troppo allenamento di ieri, così lascio batter traccia al mio compagno che infine con decisione pianta i suoi sci accanto alla croce di vetta, proprio mentre una vibrazione fa staccare una valanga sul lato nord e aprire una crepa vicino a me.
Poi torna il silenzio e notiamo con sorpresa che dal basso non si sente nemmeno un lontano rumore d'auto, benché la strada statale sia a vista.
Il vento, che si era annunciato scompigliando il capo al Disgrazia, ci fa visita e ci obbliga a spostare la merenda più in basso.
Via le pelli, si parte velocemente, con la neve che si appiccica sotto le solette e non fa scivolare le assi, nemmeno giù per il canale diretto a S che è la più ripida possibilità di divallare (35°).
Caspocc' è avaro di curve e scende praticamente al dritto, io tiro un po' di più i freni, ma mi diverto un sacco su quei pendii immacolati.
Non svalanga niente, così per rientrare a Scessa andiamo in cerca della neve più bella, sciando anche tra gli alberi a ridosso del torrente Davaglione fino a Mara. Lì c'è la neve più soffice.
D'improvviso sotto i m 1750 questa si fa cemento poiché l'aria è calda quasi fosse primavera.
Va beh, è anche giusto tribolare un po' dopo una giornata così bella.


L'alba a Scessa tra due piani di nebbia.
Attraversando il Davaglione nei pressi di Daun Cian.
Alle porte di Daun Cian.
Nei boschi a m 1900.
A m 2050, sguardo sulle Orobie.
A m 2050 misuriamo 180 cm di neve.
Il tracciato per la vetta da m 2050.
Sulla ciana di Cavai. Sullo sfondo il monte rolla e le cime della val Gerola.
Cornici sopra la ciana di Cavai. 
Giovanni ci abbandona a m 2565 e torna a valle.
Ravanate in cresta col Disgrazia che ci osserva e ride! 
Alcuni tratti sono verticali perchè il vento ha creato faticosi scalini di neve.

Gli ultimi metri di cresta per la vetta.
Sulla croce di vetta.
In discesa; sguardo verso il Disgrazia. 
I tracciati di salita e discesa dalla conca sotto la vetta.




Nessun commento:

Posta un commento