lunedì 23 settembre 2013

Sasso Manduino (m 2888) - spigolo ovest

Può sembrare una salita estrema e severa, specie per l'impressione che il Sasso Manduino da di sè se lo si guarda da Colico, ma non si nasconde nessun mostro lassù. Il Manduino  per la via Schiavo, se il capocordata è in forma, si presta anche a secondi non allenatissimi. Ma sempre ben accompagnate, che ad incengiarsi non ci vuol niente e poi son cavoli amari dato che si è proprio fuori dal mondo!
Il paesaggio e l'ambiente sono grandiosi, le difficoltà mai estreme, per cui è un ottima salita per chi vuol fare una prima avventura su vie lunghe. 
Essere appesi su un granito lavorato a 2800 metri, con vista sui laghi di Como, Novate e Dascio è un'esperienza unica e consigliabilissima.


Sasso Manduino, spigolo ovest. Foto 2009.

Partenza: Mezzolpiano (m 300).
Itinerario automobilistico: da Novate Mezzola (circa 10 km dal trivio Fuentes) imboccare
sulla dx, poco dopo la stazione ferroviaria, la strada per la frazione di Mezzolpiano (m 300), dove si posteggia l’auto.
Itinerario sintetico: Mezzolpiano (m 300) – San Giorgio (m 748) - Tracciolino - Cola (m 1018) -  In Cima al Bosco - alpe Ladrogno (m 1700) - bivacco Casorate Sempione (m 2100) – Sasso Manduino (m 2888) per lo spigolo O - discesa per la via normale - alpe Talamucca (m 2070) - Frasnedo (m 1285) - Piazzo (m 660). [variante Beno: dai piedi della parete E del Mandioni - rifugio Volta - bocchetta di Spassato (m 2800) -  bivacco Casorate Sempione (m 2100) - Cola - Mezzolpiano (m 300)]
Tempo  previsto:  15 ore per l’intero giro (+ 2:30 ore variante bocchetta di Spassato).
Attrezzatura richiesta: corda (60 metri), casco, imbraco, cordini, fettucce, friend (una serie fino al 2), nut, eventualmente ramponi per l’attacco. Soste attrezzate.
Difficoltà: 4.5 su 6.
Dislivello in salita: oltre 2600 m. + 600 metri per la variante dalla bocchetta di Spassato.
Dettagli: AD+. Scalata molto interessante su roccia (IV+) di buona qualità (tranne nell’avvicinamento allo spigolo). 9 tiri di corda dalla bocchetta del Manduino. Se li si fa lunghi ne bastano 7.
5 calate da 15, 30, 30, 15, 30 sulla normale (versante E).
Accesso lunghissimo.

Tramonto sullo spigolo SO del Sasso Manduino.


Un'allegra compagnia di 6 si avvia verso mezzogiorno sul sentiero per San Giorgio. Beno ci fa strada sui tornanti che conducono al piccolo paese incastonato fra le cime della val Codera. 3 ragazzi israeliani ci seguono con facilità, questa è per loro l'ultima tappa di un viaggio a spasso per l'Europa iniziato oltre 2 mesi fa. Le domande sul loro viaggio si alternano alle improvvisate spiegazioni su flora, fauna e cultura alpina permesse dal nostro inglese malconcio.



Mappa del percorso (in realtà noi non siamo saliti da Codera, ma questa l'avevamo già in casa pronta!)

A San Giorgio consultiamo la mappa alla ricerca della via più breve per salire in val Ladrogno. Intercettiamo il Tracciolino poi su verso Cola, dove ci fermiamo per la pausa pranzo. Il paese è un'oasi di pace tra coltivazioni secolari di castagno e orti testimoni della volontà di non abbandonare la montagna. Alcune baite sono aperte, pure la chiesetta secentesca dove si è appena tenuto il battesimo dei nipoti di una signora, che a quanto pare è la maggior possidente in queste terre con ben 3 baite ristrutturate con ogni cura. 3 signore gentilmente ci offrono un caffè, della grappa e ci confermano l'esistenza del sentiero che da Cola sale alla magica baita della località "In cima al bosco", sempre di proprietà della regina di Cola.

Relax a Cola

Ristorati ci incamminiamo, la strada è ancora lunga. Risaliamo la val Ladrogno e nelle ultime luci del tramonto raggiungiamo il bivacco Casorate-Sempione.

L'alta val Ladrogno e il Sasso Manduino dall'alpe Ladrogno


Tramonto sul Sasso Manduino.

Tramonto infuocato in val Ladrogno.

Cena festosa al Casorate Sempione.
Notte agitata al bivacco Casorate Sempione.

Il bivacco è vuoto, ma la presenza di alcuni sacchi a pelo indica che ci sono alpinisti ancora in via. Stiamo cenando. È buio quando sono di ritorno, si tratta di ragazzi del CAI di Sondrio che hanno fatto lo spigolo e sono scesi in doppia dalla via attardandosi forse un po' troppo.
La serata prosegue con il taglio della torta al cioccolato bagnata da un brindisi all'acquavite. L'inglese di Beno diventa più fluente al calare del liquido nella bottiglietta.
La notte passa tranquilla, nessuna levataccia dato che la sveglia suona alle 7. Ci avviamo che son quasi le 8 traversando verso le pendici del Manduino. Scavalchiamo un paio di vallette e saliamo avvicinandoci alla parete senza difficoltà. Saltiamo quelli che le relazioni descrivono come 2 tiri  in un canale di sfasciumi: è inutile legarsi. In cima al canale c'è una "finestra" che consente di gettare lo sguardo sull'altro versante della montagna (valle di Revelaso).

Avvicinamento, parte iniziale tra zolle erbose
Avvicinamento, parte intermedia
Avvicinamento, nei pressi della parete

Ci imbraghiamo e cerchiamo di intenderci con gli amici israeliani sui segnali da fare per gestire le manovre di cordata. Parte Beno che recupera Yotam e Ghedi, seguo io che recupero l'altro Yotam.
Arrampichiamo in un ambiente che nessuna descrizione può esaudire. Le difficoltà sono contenute, i tiri si alternano veloci con protezioni molto lunghe. Alle 13 siamo in vetta.
Qualche foto ad uno dei panorami valtellinesi più belli ed iniziamo la discesa con 5 calate in corda doppia su soste attrezzate con cordini o chiodi. Al termine delle calate si segue la normale di salita fino ai pianori sassosi alla base della montagna. Qui ci separiamo: Beno risalirà veloce al passo di Spassato (primo tratto oltre il passo su sfasciumi piuttosto pericolosi perchè gelati) e da lì di nuovo al Bivacco Casorate-Sempione a recuperare il materiale lasciato, e pure la sua ragazza Gioia, noi scendiamo diretti per la val dei Ratti nella calda luce del tramonto. Ci ritroviamo a Novate alle 21, quando le tenebre sono già calate e la fame è tantissima.

Sul primo tiro dello spigolo
Uscita del 3° tiro
Placche sul 5° tiro
Arrampicata in ambiente indescrivibilmente bello
Ultimo tiro
L'addestramento nell'esercito israeliano ha dato buoni esiti
Foto in vetta
Panorama dalla vetta sulla Valchiavenna. A destra spicca il Pizzo di Prata
Panorama dalla vetta sulla valle dei Ratti dalla vetta del Manduino

Calata in corda doppia
Discesa dal Sasso Manduino lungo la normale (valle dei Ratti)

L'alta val dei Ratti con il bivacco Volta
Arrivederci Manduino!
Note di Beno: rispetto alla mia salita del 2009, in via siamo stati più aderenti allo spigolo. Al 3° tiro c'è una cengia erbosa. 4 metri sulla sx inizia un canale poco marcato che riporta in cresta alla sosta senza difficoltà particolari. L'altra volta mi ero spostato troppo a sx ed ero sparato su dritto per placche non proteggibili (V-) attirato da un cordone bianco in parete.
Ci siamo divisi in due cordate, una tirata da Pietro e una da me. I ragazzi israeliani non avevano le scarpette, ma si sono divertiti tantissimo lo stesso, specie perchè dotati di forza nelle braccia e privi di pregiudizi verso il vuoto.
Pure le doppie questa volta son state più veloci: dalla vetta ne si fa una di 15 metri che deposita nella valletta sotto la cima. Qui una matassa di cordini indica l'inizio della seconda che è giù dritta per la valletta. Idem la terza, poi traversiamo a dx (faccia a valle), e una breve calata supera un camino. A questa segue l'ultima doppia su placconate. Zigzaghiamo per portarci nel canale di dx e lo scendiamo fino alla porta da cui per pascoli e roccette scendiamo (dx) al poggio da ui parte una rampa/canale sulla sx che deposita in valle dei Ratti fuori da ogni pericolo.

venerdì 13 settembre 2013

Traversata delle cime di Tredenus (m 2796)


Le cime principali del gruppo del Tredenus
Trasferta in media val Camonica con Giorgio e Beno per esplorare questa valle laterale che si apre in fronte al gruppo della Concarena. Lasciata l'auto poco prima dell'alpe Volano (m 1300) seguiamo la comoda mulattiera militare (parte della linea Cadorna) fino al bivacco Macherio (m 2590). La brina ricopre i ciuffi d'erba, il cambio di stagione è iniziato.

Salendo al Bivacco Macherio. Sullo sfondo la Concarena, a sx il Badile Camuno
Il bivacco Macherio

Dal bivacco in pochi minuti raggiungiamo l'attacco della via del Gran Diedro alla cima di Tredenus Settentrionale  (IV/V, 3 tiri), quindi arriviamo in vetta per cresta (III/IV). Inizia la traversata tra guglie, torrette e blocchi esposti che con brevi calate e arrampicata su ottimo granito, a volte lichenoso, ci porta a salire i Gemelli di Tredenus (sono necessarie in questo tratto almeno 3 calate - portare una corda da 50 m, un tiro di V+ per salire il Gemello Meridionale dal suo versante O partendo dalla breccia tra i due), il Corno delle Pile e la cima di Tredenus Meridionale. Da qui le difficoltà diminuiscono, traversiamo in cresta verso il passo di Mezzamalga per riprendere il sentiero che scende a valle. Aggiriamo la Cima Becani e il dosso di Craper sa E. Ma il passo di Mezzamalga è ancora lontano seguendo il percorso di cresta, quindi optiamo per una più rapida discesa "a vista" ad intercettare il sentiero più in basso.
Qui troviamo due tombe con croce che ci inquietano un po'. Chissà qual'è la loro storia.
Ripreso il sentiero militare è un piacere correrlo nella luce rossa del tramonto.
La traversata è decisamente lunga e ci ha richiesto 11 ore e mezzo.

L'attacco della via del Gran Diedro alla cima settentrionale di Tredenus
Giorgio nel diedro
Verso l'uscita del diedro
Sulla cresta nord della cima di Tredenus settentrionale
Passaggi aerei in vetta, Tredenus settentrionale
In disarrampicata accanto all'Ago di Tredenus
Giorgio sul Gemello Settentrionale
Si passerà?
Beno troverà ingaggio sul Gemello meridionale (V+)
La calata su punta di ferro tra i Gemelli
Dal Corno delle Pile vista verso nord, con le creste percorse
Il panorama a sud dal Corno delle Pile arriva sino al lago d'Iseo
Non è finita, abbiamo ancora tempo per complicarci la vita
Tombe tra le pietraie sotto il passo di Mezzamalga.


domenica 8 settembre 2013

Monte Gruf (m 2936)


Monte Gruf, lago di Novate e Novate Mezzola.

È forse la vetta più panoramica della val Codera, ben visibile sia dal lago di Como che da quello di Novate.
Chissà che figata salirvi a dormire e aspettare il tramonto e poi l'alba!
Domani metton bello solo mezza giornata: l'alba sarà infuocata.

Il Brasca (25 marzo 2012).

Codera e il monte Gruf  (25 marzo 2012).

La valle Piana con la neve (25 marzo 2012).

Così convinco Gioia, e dopo aver acquistato una tela cerata da 6 euro dal ferramenta , alle 12:30 ci incamminiamo da Novate (Mezzolpiano - m 280) verso la vetta del Monte Gruf, lontanissimo e 2600 metri più in alto.
Caldo, calsissimo mentre contiamo i 42 tornanti nel bosco, salutiamo la vecchia ruspa abbandonata e quindi Avedé. Si scende, si sfruttano delle gallerie para massi, poi il cimitero, quindi la fantastica Codera (m 825, ore 2).
Qui inizia la strada, grazie alla quale con le gip vengono smistate le merci giunte fin quassù con la teleferica.
Speriamo mai venga costruita la strada per Codera, speriamo questo paradiso silenzioso rimanga tale e incontaminato.
Speriamo la follia dell'uomo non arrivi a realizzare opere tanto inutili, tanto dannose.
Chi sale a Codera lo fa per vedere un paese senza auto, se queste ci fossero non salirebbe più.
Lungamente, diretti a N, attraversiamo la valle con inquietanti scorci sulle selvagge tributarie.
A Saline la val Codera piega a E fino al rifugio Brasca (m 1304, ore 1:30).
Lo sviluppo è fatto, ora rimane il dislivello!
5 minuti oltre il Brasca individuiamo il solco della valle Piana sulla sx, e, guadato il torrente Codera, vi entriamo.
Pietraie, pietraie, desolate pietraie in questa faglia tettonica riempitasi di detrito.
Qui il geologo Sante Ghizzoni, autore con Guido Mazzoleni del bellissimo volume Itinerari mineralogici in Val Codera,  che conosceremo al Brasca domani, ci dirà si trovano minerali endemici. Questa faglia, tra l'altro, è la stessa da cui si generano le risorgenze delle acque termali del Masino.
Per ora che siamo ancora ignoranti, la valle Piana ci pare solo un faticosissimo e angusto canyon ripieno di rottami variopinti e instabili da cui ogni tanto affiora un po' d'acqua per rifocillarci.
Incontriamo alcuni salti di roccia costituiti da grandi blocchi che sbarrano la strada (passi di II). Quello a m 2350 ca. è un po' più rognoso, così ci affidiamo a una rampa di roccia ed erba sulla dx (E) che ci porta sulla vasta distesa di pietrame della valle Piana al di fuori del canyon.
La nostra scelta è inconsapevolmente saggia; infatti, più in alto, il solco è ancora colmo di neve e non sarebbe stato percorribile con le scarpe da ginnastica, nostra unica calzatura.
La bocchetta di valle Piana è ben visibile in alto. Il sole è stato portato via dalle nebbie che vengono spinte sui pendii da un ventaccio umido. Alle 19:20 siamo alla bocchetta di valle Piana. Inquietante è la prospettiva sullo spigolo O del monte Conco.
Prendiamo a sx sulla ganda appena sotto i contrafforti del Gruf, finchè, in corrispondenza di un masso sotto cui vi è una specie di grotta, troviamo il canale che sale sulla cresta NE del Gruf.
Di tanto in tanto costruiamo degli ometti di pietra che ci serviranno l'indomani per scendere qualora la visibilità sia scarsa.
Un po' sullo spigolo, quindi tagliando per cenge fino al canale che porta direttamente a pochi metri dalla vetta (passi di II-), vinciamo la gara col buio e alla 19:55 siam su (monte Gruf, m 2936, ore 5) .
Io sono ancora in mutande, ma il vento mi fa subito vestire. Accanto all'ometto c'è un piccolo spazio sul ciglio del precipizio che bonifichiamo per stendervi i materassini. Alle 21 ci corichiamo strigliati dal vento e senza aver goduto di alcun panorama.
Nei sacchi a pelo si sta bene.
Gioia ha il mio Gormosson, io sono in un Camp Essential che fa cmq il suo dovere.
Gioia si accorge di essere sul ciglio del precipizio solo alle 22, quando le nebbie si sono sciolte e stiamo cercando la stella polare in un cielo incredibilmente limpido.
Così facciamo cambio di posto prima che voli giù di sotto.
A mezzanotte inizia a piovere e ci nascondiamo sotto il telo impermeabile, che affranchiamo con qualche sasso e incastriamo sotto i materassini.
In vento lo scuote in continuazione e le gocce d'acqua completano il concerto che ci tiene svegli.
Guardo l'orologio ogni mezz'ora.
Smetterà l'acqua, o almeno il vento... macché!
Niente foto: ho portato macchina, obiettivi e cavalletto per niente!!!!
Alle 6 mi rallegro: 1 ora e si parte.
Il pensiero mi fa addormentare, così sono le 8 che ci tiriamo in piedi e in 3 minuti facciamo gli zaini e scendiamo rapidi nelle nebbia prima che il freddo ci immobilizzi.
Le capre sono a 200 metri da noi, non hanno freddo, non cercano riparo e ci dimostrano quanto siano superiori all'uomo!
La discesa è un calvario in mezzo alla nebbia e ai massi che rotolano, tanto che per scendere al Brasca ci vuole quanto a salire! Per fortuna ieri abbiamo fatto gli ometti, così non  perdiamo mai la bussola.
Al rifugio pranziamo ottimamente con una spesa davvero irrisoria. I ragazzi che gestiscono son molto allegri e ospitali. Nel tavolo accanto al nostro vi sono cercatori di funghi e di minerali, tra cui Sante Ghizzoni che ci parla un po' della val Codera e dei sui minerali, oltre che della grande frana che ha coinvolto la valle Piana qualche anno fa, rendendola di difficile accesso. Ci racconta che si era pure formato un lago in val Codera.
Siamo di ritorno a Novate sudati e puzzolenti che sono le 16 passate.
Che ravanata!

La bocchetta di valle Piana e il fendente occidentale del monte Conco.
Le desolate pietraie dell'alta valle Piana.
Il monte Gruf dal Sasso Manduino.
Il lago di Novate e sulla dx, imbiancato, il monte Gruf.