sabato 27 luglio 2013

Piz Palù (m 3905) dallo sperone centrale (Bumillergrat)

È stato un sogno poter ripercorrere una via che 125 anni fa aveva riempito di meraviglia il mondo alpinistico; lo sperone centrale del piz Palù (m 3905), infatti, mostra difficoltà che per quegli anni erano impensabili, sia su ghiaccio che su roccia. Un'opera all'avanguardia e non priva di rischi, che fu possibile solo grazie alle migliori guide alpine in circolazione (Martin Schocher, Johann Gross e Christian Zippert) e all'alpinista Hans Bumiller che, pochi giorni prima, aveva reso pubblico il suo testamento, dove avrebbe risarcito copiosamente le famiglie delle guide qualora fosse accaduta una disgrazia. Questo, più di ogni altra cosa, fa capire quanto l' 1 settembre 1887 su quella nord  si giocò una dura partita contro il destino.
Ancora oggi, seppure le attrezzature siano molto migliorate, la Bumillergrat è tra le salite più impegnative della regione e non priva di rischi, specialmente nella parte bassa dove può arrivarti addosso di tutto, da lavatrici di ghiaccio ad angurie di pietra, fino a camionate di neve stufa di restare aggrappata sopra i m 3500.

Alle 3:30 di mattina del 27 luglio, dai pressi del rifugio Diavolezza, il piz Palù e il gruppo del Bernina illuminati dalla luna piena. Indicato il tracciato che abbiamo seguito per la salita.


Partenza: parcheggio della funivia del Diavolezza (m 2093).
Itinerario automobilistico: da Tirano raggiungere il passo del Bernina (35 km) e scendere per altri 6 km in direzione St. Moritz, finchè sulla sx si vede il grande parcheggio degli impianti del Diavolezza.
Itinerario sintetico: parcheggio della funivia del Diavolezza (m 2093) - laj da Diavolezza (m 2573) - capanna Diavolezza (m 2973) - morena del vadret Pers (m 2757) - pizzo Palù centrale per la Bumiller grat (m 3905) - pizzo Palù orientale (m 3882) - fourcla Trovat (m 3040) - capanna Diavolezza (m 2973) - parcheggio della funivia del Diavolezza (m 2093). 
Tempo previsto: si consiglia di dividere l'ascensione in 2 giorni. Il primo si sale fino alla capanna Diavolezza (possibilità di bivacco nelle pietraie adiacenti al rifugio e al piz Trovat, 2 ore e mezza), il secondo si affronta la via dopo 2 ore per raggiungere l'attacco, 7-10 ore sulla Bumillergrat, 6/7 ore per tornare all'auto.
Attrezzatura richiesta: corda (una da 60 m), casco, imbraco, piccozze da ghiaccio, ramponi, almeno 4 viti da ghiaccio, moschettoni, cordini, serie di friend, 3-4 chiodi da roccia.
Difficoltà/dislivello in salita: 5.5 su 6 / oltre 2100 m.
Dettagli: TD. Via estremamente mutevole e di grande impegno. Si sviluppa dapprima su pendii glaciali tra seracchi e crepacci (fino a 50° - eccetto qualche saltino quasi verticale) con liste di roccia fino al IV+, quindi il settore centrale offre un arrampicata sostenuta su roccia fino al V+, segue la meringa di ghiaccio che potrebbe avere anche tratti addirittura strapiombanti (non è il caso di quest'anno), comunque non ci si può sottrarre a pendenze minime di 50° e si termina su pendii molto crepacciati.

CTS n.1277, Piz Bernina, 1:25000.



Ma veniamo a noi. Con zaini pesantissimi ci incamminiamo lungo la pista sterrata che parte accanto alla stazione della funivia del Diavolezza. Il piazzale è pieno, ma c'è in giro poca gente a piedi, sarà che viene ritenuto stupido deambulare senza mezzi meccanici.
Un'oretta e siamo sul dossone erboso a N del lej (o lach) da Diavolezza (m 2573). C'è uno splendido colpo d'occhio sul piz Alv, la cui toponomastica ne descrive la roccia bianca, il cui candore è esaltato dal temporale in arrivo.
Non abbiamo con noi nè soldi a sufficienza, nè tenda, per cui dovremo trovare un riparo per la notte che ci eviti di stare coi sacchi a pelo sotto l'acqua.
Non conosco bene il versante N del piz Palù e mi piacerebbe fosse limpido per capire dove dovremo andare, ma il meteo pare correre in direzione opposta alle nostre esigenze.
Al lago prendiamo il sentierino segnalato sulla dx orografica che per pietraie e chiazze di neve aggira da sx il corn da Diavolezza e da dx il sass Queder. Proprio tagliando il versante O di quest'ultimo osserviamo che il nevaio accanto alla seggiovia superiore degli impianti del Diavolezza è stato coperto con migliaia di metri quadri di lenzuolo bianco, un tentativo di opporsi al riscaldamento globale.
A circa m 3000 (ore 2:30) il sentiero piega bruscamente a NO per raggiungere la capanna Diavolezza, mentre noi ci fermiamo e ci nascondiamo sotto l'arrivo della seggiovia, dove la tettoia ci ripara dalle prime gocce d'acqua. Facciamo un giro di perlustrazione, ma dei tre pilastri del piz Palù (da sx Küffner, Bumiller e Zippert) si vede solo la parte bassa. Nebbia altrove.
Lo scorcio ci è comunque sufficiente per individuare la via che percorreremo fra poche ore attraverso il vadret Pers per giungere all'attacco senza finire in un qualche buco.
Tornati al bivacco ci infiliamo nei sacchi a pelo e ceniamo.
Giorgio ha portato ogni ben di dio, mentre io e Andrea abbiamo investito ben 14 euro alla LIDL, di cui 2.60 solo di borsa. Morale, abbiamo con noi solo schifezze immangiabili, tra cui una focaccia col pomodoro che, recita l'etichetta, "va cotta 15 minuti in forno".
I nostri intestini pagheranno dazio per averla consumata cruda.
Alle 21 stiamo già dormendo, svegliati di tanto in tanto da Giorgio che russa, Zeus che scaglia fulmini e da boati di frane. Specialmente quest'ultimi cattivi auspici agitano la nostra notte: il primo tratto della Bumillergrat è sotto il tiro dei cecchini. C'è un termometro appeso sulla casa di controllo della seggiovia. Segna +14°C. Infatti nei sacchi si patisce un po' di caldo. Non ci sarà alcun rigelo notturno e l'ondata torrida di questo fine luglio, battezzata "Caronte" dai meteorologi, potrebbe giocarci un brutto scherzo.
"Sono già le 3!", urla Giorgio.
Non ci siamo svegliati e abbiamo già perso un'ora preziosa.
Velocemente facciamo colazione, sotterriamo sacchi a pelo e vettovaglie inutili nella pietraia, e iniziamo a scendere la traccia di sentiero che dalla sella a SE del rifugio porta alla morena del vadret Pers.
C'è una bellissima luna e il cielo è terso. Vediamo come fosse giorno il piz Palù coi suoi tre speroni.
Il nostro è il centrale, il più marcato, lungo e difficile.
La Bumillergrat si sviluppa in tre settori, ben distinguibili anche da qui:

  • il primo che arriva ad una cresta nevosa, aggira il contrafforte basale da dx (O) per il ghiacciaio che scende tra lo sperone centrale e l'occidentale, per guadagnare la cresta oltre un gigantesco gendarme;
  • il secondo che, dopo una breve cresta nevosa, s'insinua tra le rocce, aggira  da sx (E) una formazione arancione che assomiglia a una fiamma, fino alla leggendaria meringa;
  • il terzo che, vinta la meringa, si svolge tra i crepacci del plateau sommitale.
La Bumillergrat è una via mutevolissima a causa del variare delle condizioni di innevamento, della posizione e della grandezza dei seracchi e della meringa, per cui - eccezion fatta per il settore centrale, non fidatevi delle relazioni perchè lo scenario che vi si presenterà davanti potrebbe essere molto differente!

Scesi per pietraie e tracce di circa 200 metri di quota, saliamo a SE lungo la morena, arrivando ai piedi del piz Trovat. Da qui mettiam piede sul ghiacciaio e disegniamo un arco verso dx che ci fa evitare buona parte dei crepacci, tranne uno che cerca di ingoiarmi...
Siamo alla foce del canalone a circa m 3050 (ore 2 dal rifugio Diavolezza), la neve è fradicia, ma non si sentono rumori sospetti. Data la grande distanza dal nostro ricovero per la notte, capiamo che i tonfi che sentivamo non potevano provenire da qui.
Due picche a testa, ha inizio la scalata vera e propria. Veloci, senza esitare, ci infiliamo nel baratro con l'intenzione di scappare a sx sulle rocce salvifiche appena possibile. Scavalchiamo il terminale, poi (40°/50°) con pendenze discontinue superiamo varie crepe, finché troviamo un passaggio sulla sx che ci porta, non senza difficoltà tra i ponti di ghiaccio instabili, alle rocce. Siamo a m 3200 e facciamo 2 tiri di corda da 30m su delle placconate gradinate (IV), quindi, dopo, un pezzetto a piedi siamo alla lingua di neve ai piedi del gendarme.
Delle fettucce d'abbandono indicano che qualcuno ha provato l'assalto diretto, a quanto pare con esito sfavorevole. Perdiamo un'oretta alla ricerca di una cengia rocciosa, per vederci costretti a rimettere i ramponi e traversare al margine inferiore delle rocce aggirando da dx l'enorme contrafforte. Quasi ai piedi di un grosso seracco, troviamo un nuovo passaggio sulle rocce a sx che ci porta nel ripiano superiore. La meringa sopra le nostre teste rumoreggia.
Mettiamo la quarta e piccozziamo su per la ripida rampa nevosa che punta alla cresta (SE). Alla nostra sx, ben distante, è evidente il grande gendarme sotto cui ci trovavamo poco fa. Un ultimo tratto ghiacciato (45°, sulle rocce a sx si vedono dei chiodi) ci porta sul filo, alla base della cresta nevosa mediana (m 3400 ca., ore 2:30/3).
A levante s'impenna la turistica Küffner, infestata di cordate.
Riconosciamo la prima che è già sulla rampa nevosa finale: sono i due frontalini che ci seguivano lungo il ghiacciaio! Di là deve esser davvero più comoda.
Qui sullo sperone centrale siamo soli e, sentendo le continue scariche di sassi dei maldestri Küffneriani,  non ci dispiace di esserlo.
L'elicottero svizzero ci passa di tanto in tanto sopra la testa. Forse viene a controllare che non stiamo raccogliendo funghi visto che oggi è giorno di divieto!
L'ambiente è grandioso e remoto. A S c'è la fiamma, imponente torre di roccia giallastra su cui dovremo issarci tra poco, e alle sue spalle fa capolino la leggendaria meringa, mentre dietro di noi lo sperone si inabissa nel vadret Pers e, lontana e piccolissima, si distingue la capanna Diavolezza. La birra più vicina è là, a molte ore.
Percorso il cordolo nevoso siamo all'attacco delle rocce. I primi 10 metri li facciamo coi ramponi, fino ad una sosta comoda dove assicurare gli zaini prima di camuffarci da rocciatori. Siamo sulla soliva faccia E dello sperone, nella gola glaciale tra gli speroni Küffner e Bumiller. Enormi seracchi sospesi fanno da sfondo ai nostri piedi mentre guardiamo in basso in cerca di appigli.

I primi tre tiri sulla fiamma.
La roccia è una specie di granito biancastro, che diventa rossastro più in alto. A tratti è disposta a lastre sovrapposte, tipo le piode su un tetto.
L'arrampicata inizia su delle placche grigiastre, già con discreta difficoltà. Puntiamo alla fiamma. Un primo tiro da 40m (IV) tra lastre fessurate si conclude con la rimonta di un lastrone protetta da chiodi, segue un'altra lunghezza analoga di misura e impegno appena superiori (IV+, 45m). Bisogna prestare attenzione ai blocchi mobili ed essere sufficientemente delicati da non lapidare i compagni, né tagliare la corda. Chiodi e fettucce sparse fanno da segnavia, ma sta all'istinto di ciascuno trovare il percorso migliore.

Il tracciato della parte alta della Bumillergrat.

Un terzo tiro va incontro ad uno strapiombino piuttosto ostico (V-), ma ben proteggibile. La sosta è poco sotto una finestra che guarda allo sperone Zippert (50 m). La fiamma è sospesa sopra le nostre teste, con un tratto strapiombante che incombe proprio sul filo.
A questo punto traverso a sx (S) su placche (III+), fino ad alcuni chiodi che mi indicano la direzione verticale. Salgo una decina di metri, poi mi sposto a sx su placche verticali con lame rovesce (V+). Non si protegge nulla (non ho chiodi da roccia con me), non ci sono appigli per le mani e il famoso "diedro giallo" di cui parlano le relazioni è 15 metri alla mia dx, evidenziato da un chiodo arancione conficcato alla sua base. La corda è strangolata da un non opportuno piazzamento delle assicurazioni. Alternativa non c'è nè. Devo ultimare il percorso che mi sono scelto e, non senza attimi di tensione, arrivo a un salvifico pianerottolo da cui recupero i miei compagni.
Siamo legati come le salsicce in un filone mal riuscito! Capocordata, Andrea a 50 m, Giorgio - che è senza scarpe da roccia - in fondo alla mezza corda. Alla faccia di tutte le teorie sulla sicurezza; così si fa molto più svelti: è come essere solo in due perchè li recupero assieme. Nessuno di noi ha paura di cadere, ma che il caldo ci faccia cadere qualcosa in testa su dalle parti della meringa.
Breve pausa per bere e riprendo con un lungo traverso a sx (i riferimenti son sempre faccia a monte), a cui segue un diedro a gradini che sale verso la cresta. Faccio sosta 10 metri sotto il filo. La roccia è diventata rossa e dà l'idea di essere più stabile.
Riprendo a sx e c'è subito uno strapiombino difficile (V+, 2 m, chiodo), traverso ancora a sx dove c'è un diedro/camino (IV) con chiodi alla base e un nut incastrato. È lui che mi guida sullo spartiacque in una zona espostissima. Alcuni chiodi proteggono un traverso su microcengia sull'ombroso versante O, scelgo solivi giochi d'aderenza per poi cavalcare nuovamente il filo e fare una sosta su spuntone (50 m).
Seguono due tiri da 50 metri (III+) che, dopo 8 lunghezze, mi depositano alla base della meringa (m 3700 ca., ore 2:30-3:30), oggi spianata dagli eventi e resa un facile fendente a 45°/50°.
Sono su una roccia levigata senza possibilità di proteggere, così, vedendo dei chiodi sulla sx, traversiamo con grande esposizione verso sx.
Alla base di una lente ghiacciata si riesce a fare una buona sosta su un cordolo di rocce sospese. Sotto i nostri piedi il vuoto. Con estrema cautela ci infiliamo scarponi e ramponi.
Sono cotto. Dopo 3 giorni a far fieno, la traversata delle cime di Musella - cima di Caspoggio, ho esagerato a volere fare questa via senza nemmeno un giorno di riposo.
Andrea ne ha d'avanzo, così prende la testa e picchiando piccozzate come un dannato sale su per la lente gelata. Sul filo della meringa la neve pare molliccia, meglio evitar grane: è già troppo tardi.
Ci teniamo paralleli al bordo della meringa. Dopo 50 metri facciamo una sosta su viti da ghiaccio, che, raggiunto Andrea, sposto 10 metri a sx dove vedo dei chiodi da roccia ben conficcati. Andrea insiste sulla lente e, dopo poco, ci grida che è fatta: siamo sul plateau finale.
Con massima attenzione ai grandi crepacci che ci sono, arranchiamo su per la neve fradicia e cedevole fino alla vetta (piz Palù, m 3900, ore 1:30-2:30).
Stretta di mano, abbraccio e foto sotto la grandine che è qui anche lei per festeggiare.

Il tracciato della via normale al piz Palù.
La discesa è per la normale: raggiunta per cresta la cima orientale seguiamo la traccia che, dopo una rampa iniziale, piega a sx (O) e si contorce tra i crepacci e i seracchi del vallone a E della Küffner.

A circa m 3000 la traccia risale verso la fourcla Trovat (m 3040), valico pietroso a E del piz Trovat. Per sentiero tra le gande aggiriamo  da dx il  piz Trovat e ci ritroviamo all'arrivo della seggiovia dove avevamo nascosto sacchi a pelo e vettovaglie.
Avendo 20 euro d'avanzo decidiamo di andare alla capanna Diavolezza (m 2973, ore 4) e berci una birra alla faccia del piz Palù e della Bumillergrat che oggi non ha avuto i nostri scalpi.
Tutta le gente è qui che pontifica su quei tre speroni, Biancograt e la Marco e Rosa. Sicuramente è meno rischioso parlarne che salirci.
In due ore, dopo un pediluvio nel torrente, rieccoci all'auto.

Piz Alv dai pressi del lach da Diavolezza.
Bivacco all'arrivo della seggiovia.
L'alba arriva in cima alla fascia rocciosa ai piedi del gendarme.
Da sx, la fiamma, la meringa, il piz Spinas o pizzo Palù occidentale e la luna.
Sulla rampa che porta alla cresta nevosa mediana.
Sulla rampa che porta alla cresta nevosa mediana. 
Paesaggio dalla cresta mediana.
Sulla cresta nevosa mediana.
Cordate sulla Küffner.
All'uscita del tiro chiave, il 4°, una placconata a lame rovesce.
I precipizi che fanno da coreografia al tiro chiave. 
Sulle lente ghiacciata accanto alla meringa. 
I dossi nevosi sommitali.
In vetta!
Giganteschi buchi sulla via normale. 
Il piz Palù dalla capanna Diavolezza.
Brindisi alla faccia del Palù!
Lach da Diavolezza, particolare.



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