venerdì 28 settembre 2012

Corno di Campo - cresta SE (m 3232)

SCHEDA SINTETICA

Partenza: Sfazù (m 1622). 
Itinerario automobilistico: Tirano - Poschiavo - Sfazù (parcheggio 50 metri oltre il ristorante).
Itinerario sintetico: Sfazù (m 1622) - Camp (2064) - corno di Campo per la cresta SE con variante all'ingresso (m 3232) - discesa per la normale (NE) - bocchetta di Scispadus (m 3031) - vallone di  Scispadus - lago Viola - rifugio Saoseo - Sfazù.
Tempo previsto: 10-12 ore. 
Attrezzatura richiestauno spezzone di corda, assicurazioni veloci, 2 rinvii, fettucce e cordini, piccozza e ramponi.
Difficoltà/dislivello: 4.5 su 6 / circa 1700 m.
Dettagli: AD. Cresta su roccia aerea e per lo più sana. Passi fino al V- grado nella nostra variante, altrimenti fino al IV-.
La discesa per la normale non è banale a causa del liscio zoccolo roccioso (5 m) lasciato dal ritiro del ghiacciaio.
MappeCNS, La Rösa, 1:25000

28 settembre 2012

Il corno di Campo è una bellissima cima posta tra la val di Campo italiana, che fa capo a Livigno, e la val di Campo Svizzera, con le sottovalli val Mera e val Viola Poschiavina.
La vetta, completamente in territorio svizzero, incombe a S con una massiccia parete di rocce, impressionante se guardata dal rifugio Saoseo.
Sulla cresta SE della montagna Aldo Bonacossa, Ninì Petrasanta e Ugo di Vallepiana tracciarono l'11 ottobre 1901 una bella via su roccia, che segue il naturale svolgimento della dorsale, con un dislivello di 530 metri e uno sviluppo lineare di circa 1 km.
La Guida ai Monti d'Italia - Alpi Retiche di Renato Armelloni la definisce "abbastanza frequentata", ma nelle mie scorribande nella valle non ci ho mai visto su nessuno. Anzi, quando salivo il pizzo Paradisino e guardavo quella lama affidata e repulsiva, non avrei mai pensato di poterci mettere il naso.

È venerdì e Giorgio è libero per la salita. Ci troviamo a Tirano.
Fuori dalla basilica c'è una nuvola di gente e sono le 6 del mattino! Scopriremo che è il 508° anno dell'apparizione della Madonna, così la gente si è radunata a pregare.
Noi siamo meno professanti e andiamo al bar a contemplare la bellezza della barista.
Alle 7 siamo in cammino e, seguita la bella rotabile della val di Campo, siamo al rifugio Saoseo in meno di un'ora.
L'alba accenna dei colori sulle vette, mentre l'aria gelida ci ricorda che l'estate è finita.
Il corno di Campo è sopra le nostre teste, inconfondibile nella sua mole.
Il Corno di Campo dal rifugio Saoseo.

La cresta SE è quella di dx. Vi è dapprima una dorsale erbosa, quindi una profonda breccia (m 2700 ca.) da cui discende un canale detritico. Segue un primo marcato spuntone di roccia (m 2833), poi un secondo più possente (m 2897) da cui si origina un tratto pianeggiante e frastagliato, quindi oltre una sella, un impennata conclusiva porta all'anticima E (m 3218), di pochi metri più bassa della cima vera e propria che si trova all'estremità sx dell'edificio sommitale.
La via del Bonacossa attacca la cresta proprio al culmine del canalone appena descritto, così io e Giorgio da Camp (m 2064, ore 1:30) risaliamo i pascoli in direzione N, quindi imbocchiamo il canale, dapprima erboso e poi detritico.
È molto ripido, così la pendenza permette di fare molto dislivello in poco tempo.
Oggi sono fuori fase, ho le gambe che non girano. Devo avere esagerato con l'allenamento ieri, o forse, semplicemente, sono a secco di energie.
Faccio finta di niente e proseguo cercando di mantenere il minimo sindacale dei 600 metri di dislivello all'ora.
Prima dei cervi, poi degli stambecchi attraversano il canale sopra di noi. Per fortuna non fanno cadere sassi.
Arriviamo dove la vallecola si restringe e compie gli ultimi metri serrata tra le pareti della quota 2702 e 2833. 
C'è una scarica di rocce, che come impazzite rimbalzano da una parete all'atra.
Ci buttiamo fuori dal canale, correndo su per la dorsalina di sx. Un bello spavento. Stare lì in mezzo era una roulette russa.
Guardiamo in alto e sul dentone di quota 2833 vediamo uno stambecco: è il killer che qualcuno aveva pagato per ucciderci!
Decidiamo di non rischiare ulteriormente la pelle, e proviamo a forzare direttamente la parete S della quota 2897.
Inizialmente pare tutto semplice, ma quando l'erba finisce il muro di roccia si impenna vertiginosamente.
Ci sono passi non facili su fessure, cenge e diedri, la via va trovata a istinto. La roccia è generalmente ottima, ma quando ti rimane in mano un appiglio e lo getti di sotto per non lapidare il compagno, ti accorgi che potresti recitare l'Ave Maria prima di udirne il rintocco a terra.
Il mio mal di gambe mi accentua la vertigine e così oggi sono terrorizzato dall'arrampicare slegato in questi ambienti.
La situazione del Roseg si è capovolta, e questa volta è Giorgio che tira le fila e dà sicurezza, procedendo con tranquillità e scherzando sugli strapiombi.
Seguo timorato, osservando dove passa e come supera le difficoltà.
Mi concentro, ma la giornata no mi fa arrampicare da cane, rendendo difficili anche le cose che so fare tranquillamente. Al posto della suola in vibram, supero i passaggi utilizzando il mio ginocchio destr, e questo sanguina a furia di prendere botte contro le rocce.
Finiti i diedri della parte bassa, per mia fortuna, la parte alta si svolge per lo più su placche che mi ridanno confidenza con la roccia.
Un'ora di esercizi e riusciamo in cresta, proprio in corrispondenza del settore centrale pianeggiante di quest'ultima.
Come accade in molti casi (SO del Roseg, E del Vazzeda, Cresta Corti alla punta di Scais ...) è proprio la parte meno ripida della cresta quella che riserva le maggiori difficoltà.
Turbe mie a parte, la via è bellissima, il paesaggio pure, con scorci da urlo sul gruppo del Bernina, pizzo Scalino, cime della val Grosina, corno di Doseé, cima Viole, cima Piazzi e sul vicino pizzo Paradisino.
Dopo qualche su è giù da dentelli esposti ed affilati (III), vi è una lama orizzontale che porta alla base di una torretta (chiodo). Qui credo i più si calano di 3-4 metri sul versante N (Scispadus). Vista l'età del chiodo credo dovrei coniugare diversamente il verbo, tipo "si furono stati calati"o un altro strapassato remoto. 
Guardo Giorgio che, ora che è diventato maniaco della slack line, sta facendo esercizi di equilibrio sulla lama di roccia che ho appena superato. Credo che mi sputerebbe in un occhio se gli dicessi di usare la corda.
Mi metto su in equilibrio pure io e, essendo la disarrampicata a N un suicidio, salgo direttamente la torretta che ho di fronte (IV). Non vi sono grosse difficoltà tecniche, ma gli appigli ballano.
Anche questo passo è andato, quindi, appoggiandoci ai marcioni del lato N prima, poi procedendo con opportunismo giungiamo a una fettuccia che precede la breccia segnalante la fine del II settore.
Una fettuccia? Sì, per i puristi ci si potrebbe calare, ma a sx (lato val Mera), c'è un canaletto che porta a una cengia (II) che in meno di un minuto guida alla base della calata.
Man mano la via torna ripida e ci invita a portarci un po' a sx dove, con arrampicata meno problematica, ma non del tutto banale (passi di II/III), usciamo sull'anticima E (m 3218, ore 5-7 da Camp).
La vista sul versante N sporco di neve fresca è davvero emozionante. Anche il ghiacciaio (vadreit da Camp) suscita ancora rispetto, nonostante negli ultimi anni si sia ritirato in maniera considerevole. Mai quanto, però, la lente glaciale che segnava il versante O del pizzo Paradisino, oramai ridotta ai minimi termini.
Seguiamo ora le bella cresta che scorre a O fino alla vetta principale del corno di Campo (m 3232, ore 0:30), addobbata con un bell'ometto.
Da qui il panorama è vastissimo, dal Bernina, allo Scalino, alle vette di val Grosina e val Viola, oltre ai colossi di Ortles e Cevedale.
Per la discesa prendiamo la via Normale, cioè il versante NE. Scendiamo dalla vetta verso la dorsale rocciosa che divide i due canali che scendono al ghiacciaio. Quello di sx (O) è un suicidio, mentre quello di sx, contrassegnato pure con bolli di vernice arancione, taglia in diagonale sotto i contrafforti della cresta appena percorsa. Mettiamo i ramponi. La neve è dura e ottima e pure coi miei aggeggi da Kinder Sorpresa cammino agevolmente. A breve siamo ad un salto di rocce lisce, salto originatosi dal ritiro del ghiacciaio. Una guida alpina locale ha messo qui un chiodo per agevolare la discesa. Noi ne approfittiamo, ma, lazzaroni, non mettiamo l'imbraco.
Giorgio si arrotola nella corda come un salame e fa una discesa alla vecchia maniera. A dire il vero credo che un tempo proprio non si calassero così, altrimenti non ci sarebbero stati alpinisti anziani!
Io, che sono più diligente, uso una fettuccia strozzante come imbraco, ma il brevetto mi ammacca solamente il costato.
Va beh, alla fine siamo sul ghiacciaio, che attraversiamo decisamente in direzione della bocchetta di Sciaspadus, quella a m 3031 che sta tra la Pala e il Corno di Campo e permette di accedere al vallone di Scispasus.
Dal valico scivoliamo giù per un lunghissimo e infame gandone. Sono quasi 1500 metri prima di riuscire a calpestare un fondo più morbido, su cui si perdono gli ultimi 300 di quota per il lago Viola.
Ci siediamo sulle sue rive, coi piedi a mollo nell'acua gelata. Ci sdraiamo e ci addormentiamo, sognando solamente il giro passo di Sacco - passo di Valascia - pizzo del Teo - Sfazù.
Al nostro risveglio, infatti, non ci resta che andare al rifugio Saoseo a farci una Weiss e confidarci che, qualche volta, è bello anche tornare col chiaro (Sfazù, m 1622, ore 3:30)!


La nostra via di salita vista dal rifugio Saoseo.

La nostra variante di salita alla torre di quota 2897.

Il corno di Mürasciola, val di Campo e val Mera, dalla base della cresta SE.

Il tratto centrale della cresta SE del Corno di Campo.

Il gruppo del Bernina da una breccia della cresta.

In vetta. Sguardo verso la val Viola e le sue cime.

Il tracciato di discesa lungo il glaciale versante N.

La cresta SE dalla bocchetta di Scispadus.

Il lago Viola e, sullo sfondo, il passo di Sacco e la scima da Rügiul.

Il bellissimo pizzo del Teo visto dalla val di Campo.

Sull'espostissima variante di salita alla cresta SE.

Sull'espostissima variante di salita alla cresta SE. 800 metri sotto i miei piedi le baite di Camp.

Sull'espostissima variante di salita alla cresta SE. 

Abbracciato alle lame del settore centrale della cresta SE.

Traverso lato N sulla cresta SE del corno di Campo.



1 commento:

  1. Forse una corda e più prudenza avrebbero giovato alla vostra uscita. Molto bello e genuino il racconto

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